La popolazione di Avenza Stampa
Storia di Avenza
Venerdì 03 Giugno 2011 11:01

Il primo abitante certo di Avenza è quel "Gherardo de Aventia" che risulta tra i firmatari di un atto del Codice Pelavicino dell'anno 950, for- nendo la notizia indiretta dell'esistenza dell'abitato di Avenza prima ancora che la stessa fonte fornisca quella di Carrara (nel 963) tuttavia le fonti sono scarse prima del XTV secolo. Solo i contratti di locazione degli eredi di Castruccio Castracani alla fine del '300 fanno riferimento a persone che prendevano in affitto le singole parti del palazzo;la qual cosa mostra una certa vitalità  del borgo non ancora nella fase acuta della crisi che tra il quattro e il cinquecento lo portò quasi all'estinzione, ma non è sufficiente per un quadro della situazione demografica. Scarse quindi, sono le notizie sulla popolazione del borgo prima del XVI secolo ma qualcosa di più preciso possiamo trarre dagli estimi del XV secolo. Risultano in questi atti 57 proprietari di case in Avenza che evidentemente per ebbe alterne fortune: le troppe guerre, i troppi padroni, la troppa insalubrità  e la troppa miseria, non l'aiutarono certo, fatto sta che quando il Principe Alberico I Cybo- Malaspina, ne prese possesso, praticamente era disabitata, e nel primo censimento, per dirla con lo Sforza, di "Avenza non si fa motto", altrove di parla di due sole famiglie ma la sostanza non cambia. Dalle fonti d'archivio sopra citate è tuttavia possibile ricostruire la struttura sommaria dell' abitato che si snodava sulla pubblica via (praticamente un decumano, sulla dirczione levante-ponente della via Romea) con due porte corrispondenti: la "porta mastra" verso Massa e l'altra "quae prope Sarzana". Il borgo si articolava in diversi isolati divisi l'uno dall'altro da un cosiddetto "solco del comune", un vicolo che fungeva anche da scolo delle acque. Purtroppo il fatto che la "prima casa" fosse esente da imposta, non ci da ne in numero esatto delle abitazioni, ne la ricostruzione dei vari isolati che possiamo comunque stimare in sei o sette; forse vi era una via che incro- ciava ortogonalmente la via principale al centro (si parla di una "via della chiesa" e di due case con la "via da due parti"), probabilmente con porte corrispondenti a monte (quella tutt'oggi visibile?) e a mare (si cita una "murata" vicino al cimitero e alla porta). Ma tornando ad Alberico I vediamo che la posizione di Avenza, in (mezzo ad una campagna da sfruttare e vicino ad un mare da cui trarre vantaggio, convinsero il principe ad invogliare la gente delle località  viciniori a venire a ripopolare l'antico borgo; fece rifare "le muraglie della terra" come ci narra Guaspar Venturini, e concesse esenzioni dalle tasse, espediente questo usato con successo dai Medici per popolare Livorno. L'incremento della popolazione all'inizio fu minore di quello sperato (Alberico in una lettera si lamenta che erano solo 60 fuochi, ma se così fosse si sarebbe potuto rallegrare, il numero delle famiglie delle varie vicinanze era stato evidentemente gonfiato per far bella figura col destinatario della lettera). L'andamento della popolazione si può così riassumere con una tabella Gli ultimi dati si riferiscono ancora all'intera popolazione parrocchiale comprensiva di Marina che alla metà  del secolo contava circa 500ab.circa). Come si vede l'andamento della popolazione non era omogeneo, a causa anche dell' altissima mortalità  infantile (che faceva si che il saldo naturale fosse spesso negativo) e della qualità  della vita che, nonostante il favorevole regime fiscale, non riusciva a far decollare l'andamento demografico; a cavallo tra il '600 e il '700 ci fu una flessione, ma il trend alla fine fu più che positivo : La bonifica della campagna di ponente, commissionata ali' ingegnere carpigiano Marcantonio Fasi nel 1588, sicuramente contribuì a rendere più abitabile la piana, l'aumento delle spedizioni di marmo via mare, poi, attirò mano d'opera dai paesi vicini, specie nella seconda metà  del XVDIII secolo. Ma da dove venne tutta questa gente? I libri parrocchiali dei sacramenti (battesimi, matrimoni, sepolture) ci aiutano a capire i flussi migratori: i cognomi degli avenzini attuali sono come i coloranti dispersi nelle acque per capirne il percorso. Le direttrici principali sono trà: La Liguria prossima, cioè il sarzanese bassa vai di Magra e Vara; il Massose, Mirteto in particolare; infine la riviera genovese di levante, in particolare Lavagna, Sestri Levante e zone viciniori. Tra i cognomi di provenienza sarzanese, dalla Bassa Lunigiana e Val di Vara: Giannetti, Zanetti, Corsi (da Nicola); Corsini e un ramo dei Tognini(Castelnuovo); Ercolini, Genovesi, Redini, Marchini, Moruzzi, e un ramo dei Tosi(Sarzana); Marchi e De Marchi (Ameglia); Borghetti (da Borghetto Vara); Crudeli (da Matarrana). Forte fu l'immigrazione dal Mirteto: Santucci, Del Padrone, Battistini, Giannoni, Franciosi, Bartoloni o Bertoloni, Scavezzoni, Manfredi, Bottari, Pucci, Ricci, Tonazzini, Arrighi, Soldati, Simonini, Sgadò, Magnani, Lazzini, Mosti, Tonarelli, ed anche un ramo dei Monconi. Altri cognomi come Bordigoni e Alibani, sono diffusi nella campagna della destra del Frigido, ma non segnata la provenienza; sono poi reperibili altrettanti cognomi di mortegiani, oggi non più diffusi ad Avenza. Non mancano, anche se in proporzione minore, le immigrazioni da altre vicinanze carraresi: Strenta e Bruschi(da Fontia), Pianini e Pisani (da Moneta), Binelli(da Miseglia), Guadagni (da Bedizzano), Girolmini, Morescalchi e Ragaglini (da Carrara), ma quest'ultimo cognome è presente anche tra i proprietari di Avenza nel XV secolo, segno di una fuga con ritorno delle famiglie. Notevole anche la direttrice migratoria "genovese" dalla riviera di levante:Cordiviola o Cordeviola (da Lavagna, ma anche da Sestri L. e Cavi); Dazzi(da S. Giulia di Centaura); Vatterone o Vatteroni (da S.Bartolomeo della Ginestra e anche da Cavi); Lucetti (da Riva di Sestri); Dentone o Dentoni (da Riva di Sestri); Botti (da Lavagna); Bogazzi (da Sestri L.e da Cavi); Bologna (da Sestri L.); Ravenna (da Cavi); Tosi (da Cavi e dalla Ginestra e un ramo da Sarzana); Galli (da Trigoso); Cucurnia (da Cogorno); Sebastiani (da Chiavari); Olivieri (dalla Ginestra); Vignoli (da Paraggi). Vi sono poi cognomi simili ad altri oggi diffusi come Bogliano (Bugliani) da Sestri, Magino (Maggini) da Lavagna, Bregante (Briganti)da Trigoso (ma presente anche a Bergiola ). Ancora altri cognomi provengono dall'area del golfo di La Spezia : Faggioni (da Cadimare), Manfroni (da La Spezia), Solari (da S.Bartolomeo di Lerici e da Chiavari), Ratti (da S.Terenzo); Altri cognomi sono dati semplicemente come "genovesi" come Costa e Mussi, altri lo sono chiaramente come Sanguineti e Uneti; seguono ancora una decina di cognomi che oggi non sono più diffusi. Scarsa, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, l'immigrazione dall'Emilia: Fattori (da Ferrara) e Martinelli (da Modena). Sporadiche sono le presenze versiliesi: Balderi (da Seravezza), Stefanini (da Camaiore). Una domanda viene spontanea: quali sono le famiglie più antiche di Avenza? E' molto difficile stabilirlo, per il tardo inizio dei registri. La presenza di un Monconi "de Aventia" morto a cento anni nel 1650, farebbe pensare che una delle due famiglie che abitavano Avenza al tempo di Alberico fosse proprio quella, ma anche Paglino(o Paglini) compare tra le registrazioni più antiche,come pure il cognome tipico carrarese Campi e quello gragnanino Lombardini, anche Zaccagna appare tra i primi e rimane a lungo. Alcune direttrici migratorio hanno radici antiche, come quella dal circondario lunense, ma anche quella mortegiana (ricordiamo che l'umani- sta Giovan Pietro Avenzino,secondo gli studi di G. Sforza apparteneva ad una famiglia originaria del Mirteto, i Vitali). L'immigrazione genovese ha i precedenti nell'accoglienza di Alberico I ai fuorusciti di questa regione (non a caso troviamo ad Avenza anche un Dazzi "di Carrara" quindi già  naturalizzato): era il popolo dei "leuti", le veloci imbarcazioni a vela latina per il piccolo cabotaggio, che arrivava sulla spiaggia di Lavenza e spesso vi rimaneva, come quel Cordeviola "marinaro" di Lavagna il cui mestiere il parroco annotava sul registro sacramentale (il che non avveniva quasi mai).Spesso i "Genovesi" si naturalizzavano, per poter commerciare liberamente il marmo da sudditi cybei. Questi movimenti di popolazione hanno lasciato tracce anche sul dialetto, sensibilmente diverso dal carrarino, come il modo di formare il plurale del femminile, simile a quello della destra Frigido del massose, o alcuni vocaboli ligureggianti, purtroppo non tutti sopravvissuti all'italianizzazione del dialetto. La somiglianza  di impostazione col gragnanino, ha fatto pensare che comunque, in origine, vi fosse stata una forte compenetrazione con la popolosa frazione montana. Chiaramente, non tutti i cognomi, hanno avuto seguito "dinastico" nella stessa epoca, alcuni si sono estinti e sono riapparsi in immigrazioni più recenti, ma in questa sede servono per individuare i flussi migratori che hanno contribuito a popolare Avenza. Si rileva che esistono molti cognomi di cui non è possibile risalire all'origine, semplicemente perchè il parroco non la scrisse. La ricerca parte dal 1622 (anno in cui cominciano i registri della parrocchia di S. Pietro) ed arriva fino alla fine del '700,dopo di che il lavoro è reso più difficile perchè pochissime volte viene indicata la provenienza; notevole diventa la mole delle registrazioni relativa ad una popolazione che era in continuo aumento, anche per il formarsi di una consistente gruppo stanziale anche a Marina. In quest'ultima frazione, infatti, andavano man mano affluendo persone dedite sia al lavoro dei campi nelle tenute Del Medico e Monzoni sia ai mestieri legati al mare: su un primo nucleo di avenzini (che non a caso erano spesso di origine genovese, come Vatteroni, Bogazzi etc) si andavano aggiungendo abitanti della piana di Luni. Così ai vari: Monconi, Arrighi, Paglini, Crudeli, Pianini, Strenta etc si affiancano i liguri prossimi Caleo, Telara, Bruzzi, Bassi, Maggiani: la forma- zione della flottiglia da carico porterà versiliesi e toscani in genere(ma anche come commercianti e lavoratori della terra) come Guidi, Cardinali, Paolini, Dini, Tamberi, Poletti, Giuntoli etc. A volte questi cognomi, si diffondevano anche all'interno, insieme ad altri di provenienza tradizionale dal massese come: Venturini, Pantera, Bonetti e Guerra, dall'ortonovese e bassa Val di Magra come Devoti, Andreani, Nardi eVernazza, i carrarini che calavano a valle erano più numerosi che in passato, ma a questo punto non si può più parlare di popolazione castellana: all'unità  d'Italia quasi 3500 abitanti erano sparsi per tutta la piana, l'immigrazione avveniva ormai a 360 gradi e da ogni parte d'Italia. Le singole località tendevano a divenire piccole frazioni (in particolare Marina) e la stessa "Chiopata"di Avenza si articolava ormai in tanti rioni. In effetti a ben vedere, all'interno delle mura si contavano, al cessato cata- sto, circa sessanta mappali, praticamente per altrettante famiglie. Già alla metà  del settecento risultava ben formato un borgo fuori le mura verso Massa (forse l'antico Borgo Nuovo) e uno oltre il ponte (ma anche a Marina vi era già  un piccolo gruppo sparso); all'interno del borgo murato gli spazi si erano saturati formando perfino delle "volte" abitate, sopra ai vicoli e, inoltre, veniva occupato anche il rivellino demolendone una parte. Le attenzioni degli estensi di Modena, sul ducato, avevano prodotto evidentemente i loro effetti, l'incremento dei traffici dei Marmi, la costruzione (sebbene fallita) di grandi opere tra cui il porto alla marina, dettero una scossa al movimento demografico praticamente fermo da un secolo alle 200-280 unità  e naturalmente, la popolazione non poteva essere più contenuta dalle anguste mura medievali. Alla fine del secolo, il fossato veniva lottizzato dalla Ducale Camera per costruirvi case e le mura pian piano abbattute, sebbene la fortezza venisse ancora considerata l'unica difesa della popolazione. Nell'ottocento, il borgo incastellato "Castel d'Avenza" non era più riconoscibile facilmente; ad uso edificatorio si demolirono tratti di mura ed una torre in chiasso del Fosso tra il 1822 eil 1823. La strada, fatta passare in mezzo al paese nel 1859, cancellava la porta a Massa (di cui oggi si vede solo un cardine) e, dalla parte opposta, le strutture esterne del Casino ; la demolizione della fortezza fu quindi l'epilogo di una progressiva trasformazione da castello a paese. L'ironia della sorte volle che le pietre della fortezza servissero (oltre che per le costruzioni civili e lavori pubblici a Marina), per le case dei nuovi rioni verso la stazione ferroviaria e delle segherie, simboli di un progresso che sembrava non guardare in faccia a niente e a nessuno. Un diffuso luogo comune definisce Avenza un paese di contadini, ma in realtà  la sua popolazione aveva una composizione molto varia. In effetti nel quattrocento si nota una notevole attività  legata ai prodotti della campagna come avveniva diffusamente nell'economia medievale ed anche la struttura delle case del borgo sembra assecondare questa peculiarità ; notevole l'attività  dei mulini mossi dalla corrente del fiume. Col tempo però i lavori legati al marmo prenderanno sempre più piede tra gli abitanti del castello. Alla metà  del sec.XVII, nonostante gli interventi di bonifica, le famiglie di coloni sparse per la campagna circostante, si contavano sulle dita ("tre fuochi fuori di Lavenza"da una nota del 1630). Dai registri parrocchiali risultano abitanti solo al Battilana a Monticello e Cavatela (dalle date delle icone sacre poste sulle case sparse da S.Antonio fino alla Grotta, si deduce che probabilmente erano qualcuna di più ma il dato cambia di poco). Da notare che le case costruite all'interno delle mura, dopo la rinascita albericiana, non avevano ne cantina ne granaio e il piano terra era usato a volte come bottega; solo quelle costruite sul fossato alla fine del settecento avranno un vano seminterrato (o qualcun'altra nei pressi). In realtà gli avenzini proprietari di terra erano pochi, come si legge in un rapporto di metà  ottocento: esistevano molti coloni, certamente, al ser- vizio dei grandi proprietari carraresi, dei pochi maggiorenti del paese ed aumenteranno di numero nel '700 e nell'800 tanto da donare alla chiesa l'altare di S. Isidoro Agricola, ma molto alto era anche il numero dei lavoratori del marmo specie dei trasportatori. All'atto dell' unità d'Italia i lavoratori del marmo in Avenza erano 745: 165 addetti ali lizze, 210 addetti a 30 carri, 60 barrocciai, 60 caricatori al ponte, 70 caricatori di spiaggia, 90 segatori e scalpellini e 90 cavatori. Aggiungiamo artigiani, commercianti, professionisti, marittimi, consideriamo donne, bambini e anziani e ci accorgiamo che la contadinanza vera e pro- pria era costituita, in percentuale, da non molte famiglie. Se è vero che il documento è tardo, è altrettanto vero che gli avenzini comunque erano il trait d'union tra le cave e il mare fin dal XV secolo, come ci testimonia la Klapish Zuber . Certo quasi tutti integravano il reddito col lavoro nel campicello, quasi sempre gravato di livello a favore di famiglie carrarine o del monte che nei secoli si erano spartite la proprietà  della pianura, ma l'attività agricola era praticata ne' più ne' meno di quanto avvenisse nelle altre vicinanze.

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