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Storia/Storia di Avenza
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Le origini di questa frazione, centro commerciale e produttivo del comune di Carrara, collocata nella piana a circa 2 Km dal mare e 5 dalla sede comunale, si perdono nella notte dei tempi. Il toponimo trae origine dal nome del corso d'acqua sul quale è costruita: il "Flumen Aventia" che si trova sulla "Tabula peutingeriana" (la nota mappa stradale tardo romana oggi conservata a Vienna), di origine celto-ligure (A-enza = al fiume ) poi latinizzato. Tracce archeologiche dell'epoca romana sono state ritrovate nel XVIII (frammenti marmorei ed un sepolcro), più recentemente nell' adiacente zona di Nazzano (uno dei tanti toponimi romani della piana).La memoria scritta più antica risale al 950 d.C., ed è ugualmente considerata altomedievale la colonna di pietre grezze rinvenuta nella controfacciata della chiesa parrocchiale (VI-VII sec). Nel 1180 con la fondazione di un "borgo nuovo" il vescovo di Luni tenta di incrementare il centro rivierasco. La sua posizione sull'antica via Aemilia Scauri (poi "Romana" o "Francigena"), e sul mare (che allora la lambiva) a poco più di 3 Km dall'antica città  di Luni (in decadenza), ne favoriscono lo sviluppo nel medioevo, trovandosi al centro di traffici internazionali, non solo per l'esportazione del marmo ma anche per approdo e il transito di mercanzie e bestiame. Entrata nel XIII secolo nella vicaria di Carrara, munita di mura assume importanza strategico militare come "Castello", più volte rafforzato con fortificazioni: nel XIV sec. da Castruccio Castracani signore di Lucca e nel XV secolo dai Malaspina. Nel XV dà  i natali all'umanista Giovan Pietro d'Avenza. Nella seconda metà  del '500 Alberico I Cybo Malaspina ne agevola il rilancio dopo la crisi che l'aveva colpita nei decenni precedenti, con bonifiche della pianura, ristrutturazione delle fortificazioni, ed esenzioni per gli abitanti. La rinascita è aiutata anche dalle aumentate spedizioni di marmo nei secoli XVI e XVIII per cui la popolazione sfiora le mille anime alla fine del '700, fino a toccare le 3.500 all'unità  d'Italia. Nel 1848 la popolazione avenzina tenta la scissione dal comune di Carrara, cavalcando le vicissitudini della prima guerra d'indipendenza, tentativo ripetuto più volte senza successo. La sua economia, sebbene con sensibili variazioni in vari periodi storici, è sempre stata caratterizzata dall'integrazione delle attività  relative al trasporto dei marmi (per terra e per mare) con quelle agricole e derivate, dalla seconda metà  dell'ottocento dall'industria di trasformazione del marmo (segherie e laboratori); dal 1938 si inserisce la realtà  dell'industria pesante (chimica e manifatturiera), attività  oggi in crisi ed in profonda trasformazione verso il terziario.
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Storia/Storia di Avenza
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Venerdì 03 Giugno 2011 | 7929 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Storia/Storia di Avenza
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Le note che seguono sono tratte da Aldo Cecchini L'AVENZA, Celani, 1988. Segretario del Comune fu eletto Desiderio Menconi, il tricolore venne innalzato sulla fortezza Castruccio. Come primo atto il Comune proclamò l'annessione del suo intero territorio allo stato piemontese chiedendone protezione. Poi abolì la tassa sul grano, la famosa tassa sul macinato e proclamò il libero Comune di L'Avenza annesso alla Patria italiana. Il Governo Piemontese aderì alla richiesta di protezione e incaricò la Sovrintendenza di polizia di Sarzana di inviare a L'Avenza un presidio di cento Reali Carabinieri. Il 10 aprile 1848 i municipi di Massa e di Carrara organizzarono con l'ausilio dei parroci una votazione per l'annessione al Granducato di Toscana. Ma il Comune di Avenza non aderì perchè rimase fedele alla sua impostazione: Carlo Alberto Re d'Italia. Il 12 maggio 1848 Leopoldo II di Toscana decretò l'annessione di Massa Carrara al Granducato, ma il territorio di Avenza era sempre presidiato dai Carabinieri piemontesi. Dopo la sconfitta di Custoza di Carlo Alberto, avvenuta il 25 luglio, tra le clausole del successivo trattato di pace, fu inserito un passo che riguardava anche Avenza: il governo piemontese dovette accettare di condividere il presidio della cittadina con i Carabinieri Toscani.
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Storia/Storia di Avenza
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Alcuni studiosi fanno derivare il nome di Avenza da 'avanzo', ovvero 'avanzo di Luni. L'ipotesi, è basata sul fatto che il borgo (vicinissimo a Luni) si organizzò ed ebbe un certo sviluppo in seguito al declinare della già  fiorente colonia romana. Più verosimilmente il toponimo Avenza (che nei documenti antichi si legge spesso anche nelle forme Aventia, Avencia, Laventia, Lauencia e Lavenza) deriva o dalla radice Avenza, cioè al fiume (l'etimo -enza o dalla radice comune negli idiomi indoeuropei lav o liv (con significato di acqua) che si ritrova nel nome di corsi d'acqua italiani ed europei. Vedasi ad esempio: Lavello ad Avenza, Livenza nel Friuli, Lavenza nel Nizzardo francese e Lavenza o Lauencia in Austria (si trova anche Labenza in Pannonia e Lauenza o Lavenicz a confine tra Ungheria e Stiria " limes Hungariae Styriae" ) . Anche il fiume che attraversa Carrara (attualmente conosciuto come Carrione) nei documenti e nelle mappe antiche è indicato come Lavenza. Il toponimo Flumen Aventia, per indicare l'attuale Carrione, trova riscontro addirittura nella Tabula Peutingeriana e ha probabilmente dato nome al borgo sorto alla sua foce che si suole ancora comunemente chiamare in carrarino Lavenza e in antico avenzino Lauencia.
Venerdì 10 Giugno 2011 | 12700 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione | Leggi tutto
Storia/Storia di Avenza
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Il primo abitante certo di Avenza è quel "Gherardo de Aventia" che risulta tra i firmatari di un atto del Codice Pelavicino dell'anno 950, for- nendo la notizia indiretta dell'esistenza dell'abitato di Avenza prima ancora che la stessa fonte fornisca quella di Carrara (nel 963) tuttavia le fonti sono scarse prima del XTV secolo. Solo i contratti di locazione degli eredi di Castruccio Castracani alla fine del '300 fanno riferimento a persone che prendevano in affitto le singole parti del palazzo;la qual cosa mostra una certa vitalità  del borgo non ancora nella fase acuta della crisi che tra il quattro e il cinquecento lo portò quasi all'estinzione, ma non è sufficiente per un quadro della situazione demografica. Scarse quindi, sono le notizie sulla popolazione del borgo prima del XVI secolo ma qualcosa di più preciso possiamo trarre dagli estimi del XV secolo. Risultano in questi atti 57 proprietari di case in Avenza che evidentemente per ebbe alterne fortune: le troppe guerre, i troppi padroni, la troppa insalubrità  e la troppa miseria, non l'aiutarono certo, fatto sta che quando il Principe Alberico I Cybo- Malaspina, ne prese possesso, praticamente era disabitata, e nel primo censimento, per dirla con lo Sforza, di "Avenza non si fa motto", altrove di parla di due sole famiglie ma la sostanza non cambia. Dalle fonti d'archivio sopra citate è tuttavia possibile ricostruire la struttura sommaria dell' abitato che si snodava sulla pubblica via (praticamente un decumano, sulla dirczione levante-ponente della via Romea) con due porte corrispondenti: la "porta mastra" verso Massa e l'altra "quae prope Sarzana". Il borgo si articolava in diversi isolati divisi l'uno dall'altro da un cosiddetto "solco del comune", un vicolo che fungeva anche da scolo delle acque. Purtroppo il fatto che la "prima casa" fosse esente da imposta, non ci da ne in numero esatto delle abitazioni, ne la ricostruzione dei vari isolati che possiamo comunque stimare in sei o sette; forse vi era una via che incro- ciava ortogonalmente la via principale al centro (si parla di una "via della chiesa" e di due case con la "via da due parti"), probabilmente con porte corrispondenti a monte (quella tutt'oggi visibile?) e a mare (si cita una "murata" vicino al cimitero e alla porta). Ma tornando ad Alberico I vediamo che la posizione di Avenza, in (mezzo ad una campagna da sfruttare e vicino ad un mare da cui trarre vantaggio, convinsero il principe ad invogliare la gente delle località  viciniori a venire a ripopolare l'antico borgo; fece rifare "le muraglie della terra" come ci narra Guaspar Venturini, e concesse esenzioni dalle tasse, espediente questo usato con successo dai Medici per popolare Livorno. L'incremento della popolazione all'inizio fu minore di quello sperato (Alberico in una lettera si lamenta che erano solo 60 fuochi, ma se così fosse si sarebbe potuto rallegrare, il numero delle famiglie delle varie vicinanze era stato evidentemente gonfiato per far bella figura col destinatario della lettera). L'andamento della popolazione si può così riassumere con una tabella Gli ultimi dati si riferiscono ancora all'intera popolazione parrocchiale comprensiva di Marina che alla metà  del secolo contava circa 500ab.circa). Come si vede l'andamento della popolazione non era omogeneo, a causa anche dell' altissima mortalità  infantile (che faceva si che il saldo naturale fosse spesso negativo) e della qualità  della vita che, nonostante il favorevole regime fiscale, non riusciva a far decollare l'andamento demografico; a cavallo tra il '600 e il '700 ci fu una flessione, ma il trend alla fine fu più che positivo : La bonifica della campagna di ponente, commissionata ali' ingegnere carpigiano Marcantonio Fasi nel 1588, sicuramente contribuì a rendere più abitabile la piana, l'aumento delle spedizioni di marmo via mare, poi, attirò mano d'opera dai paesi vicini, specie nella seconda metà  del XVDIII secolo. Ma da dove venne tutta questa gente? I libri parrocchiali dei sacramenti (battesimi, matrimoni, sepolture) ci aiutano a capire i flussi migratori: i cognomi degli avenzini attuali sono come i coloranti dispersi nelle acque per capirne il percorso. Le direttrici principali sono trà: La Liguria prossima, cioè il sarzanese bassa vai di Magra e Vara; il Massose, Mirteto in particolare; infine la riviera genovese di levante, in particolare Lavagna, Sestri Levante e zone viciniori. Tra i cognomi di provenienza sarzanese, dalla Bassa Lunigiana e Val di Vara: Giannetti, Zanetti, Corsi (da Nicola); Corsini e un ramo dei Tognini(Castelnuovo); Ercolini, Genovesi, Redini, Marchini, Moruzzi, e un ramo dei Tosi(Sarzana); Marchi e De Marchi (Ameglia); Borghetti (da Borghetto Vara); Crudeli (da Matarrana). Forte fu l'immigrazione dal Mirteto: Santucci, Del Padrone, Battistini, Giannoni, Franciosi, Bartoloni o Bertoloni, Scavezzoni, Manfredi, Bottari, Pucci, Ricci, Tonazzini, Arrighi, Soldati, Simonini, Sgadò, Magnani, Lazzini, Mosti, Tonarelli, ed anche un ramo dei Monconi. Altri cognomi come Bordigoni e Alibani, sono diffusi nella campagna della destra del Frigido, ma non segnata la provenienza; sono poi reperibili altrettanti cognomi di mortegiani, oggi non più diffusi ad Avenza. Non mancano, anche se in proporzione minore, le immigrazioni da altre vicinanze carraresi: Strenta e Bruschi(da Fontia), Pianini e Pisani (da Moneta), Binelli(da Miseglia), Guadagni (da Bedizzano), Girolmini, Morescalchi e Ragaglini (da Carrara), ma quest'ultimo cognome è presente anche tra i proprietari di Avenza nel XV secolo, segno di una fuga con ritorno delle famiglie. Notevole anche la direttrice migratoria "genovese" dalla riviera di levante:Cordiviola o Cordeviola (da Lavagna, ma anche da Sestri L. e Cavi); Dazzi(da S. Giulia di Centaura); Vatterone o Vatteroni (da S.Bartolomeo della Ginestra e anche da Cavi); Lucetti (da Riva di Sestri); Dentone o Dentoni (da Riva di Sestri); Botti (da Lavagna); Bogazzi (da Sestri L.e da Cavi); Bologna (da Sestri L.); Ravenna (da Cavi); Tosi (da Cavi e dalla Ginestra e un ramo da Sarzana); Galli (da Trigoso); Cucurnia (da Cogorno); Sebastiani (da Chiavari); Olivieri (dalla Ginestra); Vignoli (da Paraggi). Vi sono poi cognomi simili ad altri oggi diffusi come Bogliano (Bugliani) da Sestri, Magino (Maggini) da Lavagna, Bregante (Briganti)da Trigoso (ma presente anche a Bergiola ). Ancora altri cognomi provengono dall'area del golfo di La Spezia : Faggioni (da Cadimare), Manfroni (da La Spezia), Solari (da S.Bartolomeo di Lerici e da Chiavari), Ratti (da S.Terenzo); Altri cognomi sono dati semplicemente come "genovesi" come Costa e Mussi, altri lo sono chiaramente come Sanguineti e Uneti; seguono ancora una decina di cognomi che oggi non sono più diffusi. Scarsa, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, l'immigrazione dall'Emilia: Fattori (da Ferrara) e Martinelli (da Modena). Sporadiche sono le presenze versiliesi: Balderi (da Seravezza), Stefanini (da Camaiore). Una domanda viene spontanea: quali sono le famiglie più antiche di Avenza? E' molto difficile stabilirlo, per il tardo inizio dei registri. La presenza di un Monconi "de Aventia" morto a cento anni nel 1650, farebbe pensare che una delle due famiglie che abitavano Avenza al tempo di Alberico fosse proprio quella, ma anche Paglino(o Paglini) compare tra le registrazioni più antiche,come pure il cognome tipico carrarese Campi e quello gragnanino Lombardini, anche Zaccagna appare tra i primi e rimane a lungo. Alcune direttrici migratorio hanno radici antiche, come quella dal circondario lunense, ma anche quella mortegiana (ricordiamo che l'umani- sta Giovan Pietro Avenzino,secondo gli studi di G. Sforza apparteneva ad una famiglia originaria del Mirteto, i Vitali). L'immigrazione genovese ha i precedenti nell'accoglienza di Alberico I ai fuorusciti di questa regione (non a caso troviamo ad Avenza anche un Dazzi "di Carrara" quindi già  naturalizzato): era il popolo dei "leuti", le veloci imbarcazioni a vela latina per il piccolo cabotaggio, che arrivava sulla spiaggia di Lavenza e spesso vi rimaneva, come quel Cordeviola "marinaro" di Lavagna il cui mestiere il parroco annotava sul registro sacramentale (il che non avveniva quasi mai).Spesso i "Genovesi" si naturalizzavano, per poter commerciare liberamente il marmo da sudditi cybei. Questi movimenti di popolazione hanno lasciato tracce anche sul dialetto, sensibilmente diverso dal carrarino, come il modo di formare il plurale del femminile, simile a quello della destra Frigido del massose, o alcuni vocaboli ligureggianti, purtroppo non tutti sopravvissuti all'italianizzazione del dialetto. La somiglianza  di impostazione col gragnanino, ha fatto pensare che comunque, in origine, vi fosse stata una forte compenetrazione con la popolosa frazione montana. Chiaramente, non tutti i cognomi, hanno avuto seguito "dinastico" nella stessa epoca, alcuni si sono estinti e sono riapparsi in immigrazioni più recenti, ma in questa sede servono per individuare i flussi migratori che hanno contribuito a popolare Avenza. Si rileva che esistono molti cognomi di cui non è possibile risalire all'origine, semplicemente perchè il parroco non la scrisse. La ricerca parte dal 1622 (anno in cui cominciano i registri della parrocchia di S. Pietro) ed arriva fino alla fine del '700,dopo di che il lavoro è reso più difficile perchè pochissime volte viene indicata la provenienza; notevole diventa la mole delle registrazioni relativa ad una popolazione che era in continuo aumento, anche per il formarsi di una consistente gruppo stanziale anche a Marina. In quest'ultima frazione, infatti, andavano man mano affluendo persone dedite sia al lavoro dei campi nelle tenute Del Medico e Monzoni sia ai mestieri legati al mare: su un primo nucleo di avenzini (che non a caso erano spesso di origine genovese, come Vatteroni, Bogazzi etc) si andavano aggiungendo abitanti della piana di Luni. Così ai vari: Monconi, Arrighi, Paglini, Crudeli, Pianini, Strenta etc si affiancano i liguri prossimi Caleo, Telara, Bruzzi, Bassi, Maggiani: la forma- zione della flottiglia da carico porterà versiliesi e toscani in genere(ma anche come commercianti e lavoratori della terra) come Guidi, Cardinali, Paolini, Dini, Tamberi, Poletti, Giuntoli etc. A volte questi cognomi, si diffondevano anche all'interno, insieme ad altri di provenienza tradizionale dal massese come: Venturini, Pantera, Bonetti e Guerra, dall'ortonovese e bassa Val di Magra come Devoti, Andreani, Nardi eVernazza, i carrarini che calavano a valle erano più numerosi che in passato, ma a questo punto non si può più parlare di popolazione castellana: all'unità  d'Italia quasi 3500 abitanti erano sparsi per tutta la piana, l'immigrazione avveniva ormai a 360 gradi e da ogni parte d'Italia. Le singole località tendevano a divenire piccole frazioni (in particolare Marina) e la stessa "Chiopata"di Avenza si articolava ormai in tanti rioni. In effetti a ben vedere, all'interno delle mura si contavano, al cessato cata- sto, circa sessanta mappali, praticamente per altrettante famiglie. Già alla metà  del settecento risultava ben formato un borgo fuori le mura verso Massa (forse l'antico Borgo Nuovo) e uno oltre il ponte (ma anche a Marina vi era già  un piccolo gruppo sparso); all'interno del borgo murato gli spazi si erano saturati formando perfino delle "volte" abitate, sopra ai vicoli e, inoltre, veniva occupato anche il rivellino demolendone una parte. Le attenzioni degli estensi di Modena, sul ducato, avevano prodotto evidentemente i loro effetti, l'incremento dei traffici dei Marmi, la costruzione (sebbene fallita) di grandi opere tra cui il porto alla marina, dettero una scossa al movimento demografico praticamente fermo da un secolo alle 200-280 unità  e naturalmente, la popolazione non poteva essere più contenuta dalle anguste mura medievali. Alla fine del secolo, il fossato veniva lottizzato dalla Ducale Camera per costruirvi case e le mura pian piano abbattute, sebbene la fortezza venisse ancora considerata l'unica difesa della popolazione. Nell'ottocento, il borgo incastellato "Castel d'Avenza" non era più riconoscibile facilmente; ad uso edificatorio si demolirono tratti di mura ed una torre in chiasso del Fosso tra il 1822 eil 1823. La strada, fatta passare in mezzo al paese nel 1859, cancellava la porta a Massa (di cui oggi si vede solo un cardine) e, dalla parte opposta, le strutture esterne del Casino ; la demolizione della fortezza fu quindi l'epilogo di una progressiva trasformazione da castello a paese. L'ironia della sorte volle che le pietre della fortezza servissero (oltre che per le costruzioni civili e lavori pubblici a Marina), per le case dei nuovi rioni verso la stazione ferroviaria e delle segherie, simboli di un progresso che sembrava non guardare in faccia a niente e a nessuno. Un diffuso luogo comune definisce Avenza un paese di contadini, ma in realtà  la sua popolazione aveva una composizione molto varia. In effetti nel quattrocento si nota una notevole attività  legata ai prodotti della campagna come avveniva diffusamente nell'economia medievale ed anche la struttura delle case del borgo sembra assecondare questa peculiarità ; notevole l'attività  dei mulini mossi dalla corrente del fiume. Col tempo però i lavori legati al marmo prenderanno sempre più piede tra gli abitanti del castello. Alla metà  del sec.XVII, nonostante gli interventi di bonifica, le famiglie di coloni sparse per la campagna circostante, si contavano sulle dita ("tre fuochi fuori di Lavenza"da una nota del 1630). Dai registri parrocchiali risultano abitanti solo al Battilana a Monticello e Cavatela (dalle date delle icone sacre poste sulle case sparse da S.Antonio fino alla Grotta, si deduce che probabilmente erano qualcuna di più ma il dato cambia di poco). Da notare che le case costruite all'interno delle mura, dopo la rinascita albericiana, non avevano ne cantina ne granaio e il piano terra era usato a volte come bottega; solo quelle costruite sul fossato alla fine del settecento avranno un vano seminterrato (o qualcun'altra nei pressi). In realtà gli avenzini proprietari di terra erano pochi, come si legge in un rapporto di metà  ottocento: esistevano molti coloni, certamente, al ser- vizio dei grandi proprietari carraresi, dei pochi maggiorenti del paese ed aumenteranno di numero nel '700 e nell'800 tanto da donare alla chiesa l'altare di S. Isidoro Agricola, ma molto alto era anche il numero dei lavoratori del marmo specie dei trasportatori. All'atto dell' unità d'Italia i lavoratori del marmo in Avenza erano 745: 165 addetti ali lizze, 210 addetti a 30 carri, 60 barrocciai, 60 caricatori al ponte, 70 caricatori di spiaggia, 90 segatori e scalpellini e 90 cavatori. Aggiungiamo artigiani, commercianti, professionisti, marittimi, consideriamo donne, bambini e anziani e ci accorgiamo che la contadinanza vera e pro- pria era costituita, in percentuale, da non molte famiglie. Se è vero che il documento è tardo, è altrettanto vero che gli avenzini comunque erano il trait d'union tra le cave e il mare fin dal XV secolo, come ci testimonia la Klapish Zuber . Certo quasi tutti integravano il reddito col lavoro nel campicello, quasi sempre gravato di livello a favore di famiglie carrarine o del monte che nei secoli si erano spartite la proprietà  della pianura, ma l'attività agricola era praticata ne' più ne' meno di quanto avvenisse nelle altre vicinanze. Ricerca di Pietro Di Pierro
Venerdì 03 Giugno 2011 | 6172 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Storia/Storia di Avenza
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La nascita del borgo di Avenza affonda le radici nella notte dei tempi. Alcuni reperti dll'epoca romana trovati in diverse epoche la fanno risalire a quel tempo, come ansio sulla via consolare Aemilia Scauri da Pisa alla vicina Luni. Certamente nel medioevo assunse una funzione importante sul territorio. L'antica città  di Luni (sotto la guida dei Vescovi Conti) si andava estinguento, e la città  di Carrara prendeva vigore con la ripresa dell'estrazione del marmo. Avenza veniva a trovarsi in un crocicchio delle strade che scendevano dalle cave allo scalo marittimo e l'antica via Romana. Quest'ultima si modificava nel tempo tagliando fuori la defunta Luni per dirigersi nettamente verso Sarzana rimanendo tuttavia una delle arterie più importanti dell'Italia Medievale come via Romea, Francigena o Francesca, vera autostrada del medioevo. Per questi motivi, malgrado le cattive condizione della piana malarica che avevano contribuito all'abbandono dell'antica Luni, il borgo di Avenza resistette in quanto centro strategico, per cui fu incastellato e munito di fortezza, e commerciale in quanto emporio delle merci imbarcate e sbarcate (non solo marmo) ed in transito sulla Romea . Qui vi si riscuoteva la gabella , come ancora testimonia il vecchio nome di via Farini. Qui si effettuava il cambio dei cavalli della stazione di posta (alla scuderia). Le origini del commercio nel borgo sono quindi collegate intimamente al concetto di Avenza figlia della strada ( o meglio delle strade).
Venerdì 03 Giugno 2011 | 14567 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione | Leggi tutto
Storia/Storia di Avenza
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Che ad Avenza funzionasse una marineria locale, si ha notizia fin dal medioevo, ma evidentemente seguì anch'essa le sorti del borgo che conobbe periodi di spopolamento e rinascita. Sotto i Cybo-Malaspina, la popolazione riprese le attività  legate al mare, rilanciate quasi sicuramente anche dall'immigrazione di alcune famiglie genovesi dalla riviera di Sestri Levante e Lavagna.Nel XVIII sec, al tempo di Maria Teresa Cybo-Malaspina e sua figlia Maria Beatrice d'Este, si concessero parecchi brevetti di padrone di barca, 121 per la precisione, a marinai locali e di altre località .Fu anche tentata l'escavazione di una darsena fallita per il ritirarsi del mare: faceva parte di un progetto ciclopico di cui la darsena effettivamente scavata era solo la minore delle due ideate; le previsioni del progettista, Ing.Milet, comprendevano un'intera città, Nouvelle Carrare, con tanto di chiese di reggia, ma solo due casamenti (magazzino e corderia ai lati della darsena) furono realizzati. La localizzazione del complesso (oggi scomparso) è possibile confrontando, il catasto di Maria Beatrice all'attuale: il sito è compreso tra Via Nazario Sauro e Via Capitan Fiorillo tra Ruga Maggiani e il prolungamento ideale di Via Varsavia. L'incremento della spiaggia, portò le autorità  estensi intorno al 1830 a spostare in avanti la posizione della batteria costiera costruita alla fine del 700 (praticamente dal sito del casamento Fabbricotti la loggia , a quello tra Via Genova e Via del Commercio, sempre sul lato levante dell'attuale piazza Gino Menconi). Ma tornando al tema della navigazione, osserviamo che ai primi dell'ottocento, una serie di vicissitudini (complici gli episodi bellici dell'epoca napoleonica) praticamente azzerarono le capacità  marinare avenzine, tanto che nel 1841, quando Domenico fabbricotti dovette reclutare l'equipaggio della goletta S.Andrea, fu costretto a ricorrere a maestranze versiliesi, poichè in loco, coloro che erano capaci di manovrare velieri si contavano sulle dita di una mano. Ma questo episodio rappresenta l'inizio di un era per quello che era ormai un nuovo centro: la Marina di Avenza, che ai primi del Settecento consisteva in qualche magazzino, qualche capanna e la cappella di San Erasmo (protettore dei Naviganti), il tutto sparso su di una duna sabbiosa di recente formazione, ma che intorno al 1840, riprende nuovo vigore con assegnazioni di terreni e dal 1851, con la costruzione del pontile Walton e la quasi contemporanea formazione di una cospicua flottiglia di navicelli. Inizia in pratica la nuova storia di quella che verrà  chiamata Marina di Carrara Tratto dal libro "La Marina di Avenza tra Vele e Bandiere" di Pietro Di Pierro
Venerdì 03 Giugno 2011 | 5647 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Storia/Storia di Avenza
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QUANDO AVENZA VOLLE IL PIEMONTE Il tentativo separatista dopo la cacciata degli estensi e dei gabellieri del dazio L'intensa giornata inaugurale di studio dell'Aruntica apertasi con la dotta prolusione di Loris J. Bononi priore dell'Accademia degli Imperfetti di Fivizzano e proseguita con la gustosa relazione su Danese Cattaneo del presidente dell'Accademia dei Rinnovati di Massa Duino Ceschi, Giovanni Fantoni, Labindo, di cui abbiamo succintamente riferito, ha annoverato numerosi altri interventi. Gli aspetti delle attività artigiane e industriali a Massa e a Carrara dal 1300 al 1500, sono stati evidenziati dal presidente della Deputazione di Storia Patria Paolo Pelù. Importanza notevole in particolare ebbero la lavorazione del ferro a Pomo e a Carrara l'industria marmifera con seguenti traffici e avvicinamenti anche culturali con altre città  tra cui Prato. Le controversie, davvero poco note, che per quasi un ventennio avevano accompagnato i progetti ferroviari sotto i Duchi di Modena sono state messe in luce da Marcello Bernieri. Tra insurrezioni popolari e il sogno di un collegamento a monte tra le due città  col traforo della Foce, la complessa vicenda si chiude con la inaugurazione nel 1862 del tronco com' è attualmente, con conseguente creazione del tratto Avenza-Carrara e della stazione di San Martino il cui nome ricorda la battaglia risorgimentale che vide l'eroismo di Domenico Cucchiari attivo protagonista di questa realizzazione. Cesare Piccioli ha illustrato con competenza i caratteri della vita culturale del primo novecento: la funzione vitalizzante del Ceccardi sul manipolo della Repubblica d'Apua di cui facevano parte poeti, artisti, politici dell'area versiliese (Ungaretti,Pea, Viani, Nomellini), lunigianese (De Ambris, Formentini) e carrarese (Vico Fiaschi, Caro), nonchè i vivaci rapporti del poeta ortonovese, col gruppo fiorentino di Papini e con D'Annunzio. Una stimolante domanda: Perchè il flusso vivificante della cultura ispirata da Ceccardo Roccatagliata Ceccardi si radiò in seguito in Versilia (si pensi al famoso quarto platano del Forte. e in Lunigiana, mentre venne meno a Carrara? A un episodio poco noto della storiografia locale mettendo in risalto la pace del 1353 che ebbe risonanza nazionale e legittimò la presenza della signoria milanese in Carrara e Avenza. Il tentativo separatista del 1848 di Avenza dopo la cacciata degli Estensi è stato illustrato da Maurizio Munda. Conscia della sua importanza strategica ed economica come scalo dei marmi, forse istigata da emissari liguri, Avenza si ribellò a Carrara che con Massa aveva chiesto l'annessione alla Toscana, e cacciati i gabellieri del dazio tentò invano di unirsi al Piemonte. L'attento recupero dei detti dialettali riferiti a episodi storici costituisce un'operazione di archeologia linguistica ristabilendo la perduta connessione degli stessi coi fatti che li hanno originati o a cui sono stati applicati. Un esame rigoroso di essi con metodologie socio linguistiche permette inoltre un'approfondita conoscenza della cultura popolare e interessanti verifiche di documenti e teorie storiche. Questo l'intervento di Rosa Maria Galleni Pellegrini. Corrado Lattanzi ha relazionato sull'attività  degli architetti-scultori carraresi nei secoli 1600 -1700. Grande è il salto di qualità  dell'artista locale grazie al mecenatismo dei Cybo Malaspina che favoriscono l'incre-mento culturale e sociale. Da Carrara emigrano valenti scultori che riescono a farsi apprezzare anche nella Firenze granducale (i Tacca), a Lanmarco Laquidara, presentando un raro documento, lo studio del Milani, sull'igiene sociale in Carrara alla fine dell'800, ha evidenziato la stretta relazione e interdipendenza tra medicina e società . La precaria situazione economico-sociale della popolazione di allora ebbe pesanti risvolti sulla salute pubblica , (grande l'incidenza di traumi anche mortali e di malattie dovute a carenze alimentari e professionali, cui si aggiunsero consumi di vino da Guinness dei primati) e costituì una delle cause dei fatti del '94. Giuseppe Borgioli ha tracciato un singolare parallelismo tra la complessa figura di Romolo Murri e quella di Alfredo Bizzarri. cattolico liberale, insegnante e giornalista. Aretino di nascita, carrarese d'adozione, nei primi del novecento organizzò e diresse il Circolo di San Ceccardo, una delle tante organizzazioni cattoliche sorte in Italia in seguito alla famosa enciclica di Leone XIII, da cui poi emerse il quadro dirigente locale del partito popolare. Poi la lettura affidata alla voce suadente di Giuliana Bianchi, di alcune liriche di Francesco Dolci, membro della rinata Aruntica . Mario Laquidara ha illustrato il periodo della dominazione viscontea in Carrara, Genova (Ponzanelli, Lazzoni), a Napoli (Baratta), realizzando un'osmosi culturale che porterà , con l'importazione di modelli particolarmente partenopei ad una svolta della scultura locale. Fonte: LA NAZIONE Mercoledì 28 Giugno 1995
Venerdì 03 Giugno 2011 | 5047 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Storia/Personalità  di Avenza
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E' stato un partigiano e politico italiano. Nato in una famiglia modesta (il padre e i cugini gestivano una cantina), già nell'infanzia sente parlare di Gino Menconi, di Gino Lucetti e di Stefano Vatteroni, stato vicino di casa dei suoi. I tre erano conosciuti per il loro orientamento e il loro impegno politico antifascista: Lucetti e Vatteroni erano già in carcere da anni, mentre Gino Menconi, diventato dirigente nazionale del Partito Comunista, era in giro per il mondo, per organizzare gli antifascisti esuli e fuorusciti e sarebbe stato arrestato di lì a poco, nel 1932, a Napoli, nel pieno della sua attività, durante un’ispezione. Finite le elementari, i genitori, visti i suoi buoni profitti scolastici, lo convinsero ad andare in un collegio di religiosi, a Collesalvetti per poter continuare gli studi. Anche l'esperienza del collegio contribuisce a farlo maturare, fino al punto che nel 1943, dopo l' 8 settembre diventerà partigiano; poco dopo il 17 agosto del 1944 nei pressi di Bardine di San Terenzo monti (SP), ad appena 17 anni, viene ferito e perde un braccio, nel primo scontro della Brigata Ulivi comandata da Alessandro Brucellaria detto Memo. Nello scontro il 16º battaglione delle SS tedesche composto da 17 militari perde 16 uomini mentre tra i partigiani cade Venturini e Vatteroni risulta l'unico ferito grave. Dopo la guerra sarà dirigente della sezione del PCI di Avenza, quella che porta il nome di Gino Menconi e membro di vari organismi provinciali. Frequenta la Scuola delle Frattocchie e sarà uno dei segretari di Luigi Longo, vicesegretario del PCI. Per il prestigio di cui gode anche grazie al conferimento della medaglia d’oro, l’ Associazione Nazionale Partigiani d'Italia avanza la proposta di una sua utilizzazione presso di sé. Sarà anche ininterrottamente membro dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci. Muore a Roma il 6 aprile 2008 all'ospedale San Camillo all'età di 86 anni. Il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano lo ha ricordato con queste parole: "Giovane studente, a soli diciassette anni Vatteroni aderì al movimento partigiano e combatté contro i nazifascisti con grande coraggio e passione civile, riportando gravi ferite e meritando la medaglia d’oro al valor militare. L’invalidità conseguita nella lotta partigiana non gli impedì di continuare nel suo impegno politico e civile, e il suo contributo alla difesa e alla valorizzazione del patrimonio della resistenza, alla tutela delle istituzioni democratiche e contro il terrorismo non sarà dimenticato." Avenza, 12 aprile 1921 – Roma, 6 aprile 2008)
Sabato 08 Febbraio 2014 | 3491 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
20. Stemma
Storia/Storia di Avenza
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Arme: scudo gotico antico Blasonatura araldica: d'azzurro al crescente montante d'argento. Vale a dire: il campo dello scudo è azzurro con una mezzaluna (che nella terminologia araldica è sempre chiamata "crescente") con i comi rivolti verso l'alto (in araldica l'aggettivo "montante" descrive questa posizione). Il colore bianco e il "metallo" argento coincidono. (Lo stemma è ereditato dall'antica Luni alla quale Avenza era legata fino al 1204. si trova sulla facciata della chiesa parrocchiale di San Pietro. In antico era simbolo di Diana. I colori sono stati ricostruiti "al naturale" e secondo l'uso follone dagli enti pubblici moderni che si rapportano all'eredità  storica di Luni). Decorazioni esterne: Lo scudo è accollato nel capo ad una fortezza al naturale mostrante due torrioni e inalberante sulla torretta centrale la bandiera italiana di Carlo Alberto. (La scelta della figura è data dal sigillo del "Governo provvisorio di Avenza" del 1848, quando Avenza si staccò da Carrara, dandosi in protettorato a Carlo Alberto rè di Sardegna, nelle vicende risorgimentali della prima guerra di indipendenza). Il tutto tra due tralci di ulivo e alloro decussati (incrociati) e legati con nastro tricolore. (I rami sono simbolo della cultura materiale della bassa Lunigiana) Al di sotto, su una lista bifida, la scritta latina AVENTIA con due sigilli rossi recanti le insegne dei santi protettori: le chiavi di San Pietro (titolare della chiesa madre) e il Icone di San Marco (patrono del paese). (il nome AVENTIA, dato al fiume oggi detto Carrione è la denominazione latina più antica, sostituita nel medioevo con Lavenza. I Santi protettori sono stati ereditati dalla tradizione religiosa Lunense). Drappo del gonfalone: Bianco con una cornice così formata: un doppio nastro giallo-rosso con al centro una sequenza di rami di spino fiorito legati da fiocchi rossi. (La scelta è motivata, per il colore, dalla regola araldica di seguire per i drappo il colore della figura, per il disegno, dalla bandiera usata alla fine del XVII secolo dalle imbarcazioni avenzine, data da Alberico II, appunto, bianca con la cornice formata dai colori e dalla figura araldica malaspiniana ma con, al centro, lo stemma dei Cybo Malaspina) In definitiva il gonfalone scelto dalla Circoscrizione comunale n. 4 - AVENZA- è la sintesi di simboli che rappresentano e raccontano la storia di Avenza attraverso i secoli. Disegni e relazione di Pietro di Pierro per conto della Circoscrizione n°4- AVENZA
Venerdì 03 Giugno 2011 | 5319 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione

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