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Cultura/Ricette
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1 l di latte 120 gr di farina 300 gr di zucchero 4 tuorli 2 uova intere sale, vaniglia chicchi di caffè scorza di limone e arancia 1 litro di panna montata Unire 1 litro di crema pasticcera fredda (vedi ricetta) ad 1 litro di panna montata. Mescolare dal basso verso l'alto. Nicochef"
Venerdì 03 Giugno 2011 | 2879 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Cultura/Ricette
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"1 l di latte 120 gr di farina 300 gr di zucchero 4 tuorli 2 uova intere sale, vaniglia chicchi di caffè scorza di limone e arancia fare bollire il latte con gli aromi (chicchi, scorze). In una bastardella rompere le uova, aggiungere lo zucchero, il sale, la vaniglia e la farina, sbattere il tutto e aggiungere il latte caldo. Passare la crema ad un colino fine e farla cuocere per qualche minuto. Al primo bollore togliere dal fuoco. (per crostata di frutta e torta della nonna) Nicochef"
Venerdì 03 Giugno 2011 | 2966 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Cultura/Ricette
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Preparare la pasta frolla: impastare la farina con il burro ammorbidito e tagliato a tocchetti,lo zucchero, il sale, il bicarbonato, la marsala e i tuorli lasciare riposare mezz'ora in frigorifero. Setacciare le ricotta in una terrina unire lo zucchero i tuorli montando bene tutto. Per ultimo aggiungere 2 chiare montate a neve ben soda. Stendere la basta frolla in una teglia sganciabile lasciando il bordo un po' alto (conservando un po' di impasto se si vuole decorare, ricordarsi che il ripieno si gonfia durante la cottura), fare uno strato con gli amaretti sbriciolati per ultimo aggiungere il ripieno. Decorare a strisciette di frolla (facoltativo). Infornare a forno caldo (180 gradi) per 30/40 minuti (dipende dal forno). Sfornare e mettere sulla gratella.
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3170 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Cultura/Ricette
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Pasta frolla: 300 g. di farina 150 g. di burro 2 tuorli 150 g. di zucchero 1 puntina di cucchiaino di bicarbonato 1 pizzico di sale Ripieno: 500 g.di ricotta 150 g. di zucchero 4 uova Copertura: 200 g. di cioccolato fondente latte o panna q.b. Preparare la pasta frolla: impastare la farina con il burro ammorbidito e tagliato a tocchetti, lo zucchero, il sale, il bicarbonato e i tuorli lasciare riposare mezz'ora in frigorifero. Setacciare le ricotta in una terrina unire lo zucchero i tuorli montando bene tutto. Per ultimo aggiungere 2 chiare montate a neve ben soda. Stendere la basta frolla in una teglia sganciabile lasciando il bordo più alto del ripieno che andrete a mettere subito dopo (il ripieno si gonfia durante la cottura e poi va aggiunta la copertura). Infornare a forno caldo (180 gradi) per 30/40 minuti (dipende dal forno). Sfornare e mettere sulla gratella. Sciogliere il cioccolato con il latte a bagnomaria versarlo sulla torta ancora calda. Antonella Faccini (Parma)"
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3088 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Cultura/Personaggi
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Nel cuore del centro storico di Avenza, a pochi passi dalla Torre di Castruccio, vive uno dei più antichi forni della nostra città , il forno Vatteroni, da tutti conosciuto come da Danilo.Danilo Vatteroni era una di quelle persone dal carattere deciso, formatosi attraverso il lavoro duro, conosciuto fin dai primi anni di età ; classe 1910, Danilo, ben presto si ritrovò a dover percorrere il tratto Avenza-Forte dei Marmi a piedi, o in bicicletta (quando andava bene!), per mettersi al servizio dei ricchi bagnanti che già allora affollavano le coste versiliesi. In seguito, l'amore per la città  di Avenza lo portò ad affiancare l'attività  del padre nel portare avanti un forno collocato nei pressi dell'attuale Centrale. Da quel negozio, arrivò a sfidare (da buon bersagliere, forgiatosi nella Campagna di Russia) il coprifuoco nazista, continuando a sfornare pane, incurante dei divieti del Regime e diventando un punto di riferimento per quella popolazione che conosceva gli stenti della fame. Restò alla Centrale fino al 1956, quando, per questioni burocratiche, venne fatto spostare all'attuale sede. Ora il negozio è portato avanti dai figli di Danilo, ossia Franco (Sampdoriano D.O.C.) e la Marida (come la chiamano qui ad Avenza, con quell'articolo necessario a conferire familiarità  al nome), con l'aiuto del marito Giuliano e la figlia Elisabetta. Ma ricordano con piacere la storia della propria attività , e la festa inaugurale che si fece il giorno di San Marco del 56, quando vennero preparate centinaia di torte, fatte fuori dalla folla in un battibaleno! Al di là  dei ricordi, alcuni dolci, altri malinconici, la vita di chi opera attorno ad un forno è fatta di ritmi controcorrente; basti pensare che Franco inizia la sua giornata all'una e mezza di notte, per preparare le prime infornate. Di certo è un lavoro duro spiegano ma la nostra è come una missione, e lo sforzo che facciamo è ripagato dalla fedeltà  della gente, che continua a sceglierci da tanti anni. Sapere che il nostro pane è sulla tavola di tante persone... è un po come sedere a tavola con loro!. Continua così il nostro viaggio alla ricerca di quell'Avenza che fonda le proprie radici nel passato, proprio come il forno dei signori Vatteroni. Un mondo dai sapori rassicuranti e intensi, come una ciambella croccante, appena sfornata. di David De Filippi
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3332 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Cultura/Dialetto
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Il dialetto carrarese, a volte chiamato anche dialetto carrarino (localmente 'l cararìn o 'l cararès) è un dialetto della lingua emiliano-romagnola parlato nella città  di Carrara e in aree limitrofe, che ne costituiscono una vera e propria isola linguistica tra l'area toscana e l'area ligure-lunigiana. Fa parte del gruppo gallo-italico. Il dialetto carrarese, pur essendo la città  di Carrara in Toscana, presenta caratteristiche molto simili al dialetto modenese ed al dialetto frignanese, venendo spesso incluso fra le varianti dialettali della lingua emiliano-romagnola, e rimanendo fuori dall'insieme dei dialetti toscani, con cui non ha legami di parentela diretta, pur essendo comunque un dialetto neolatino. La presenza di un dialetto di tipo settentrionale in Toscana (al di sopra della linea Massa-Senigallia) è dovuta al fatto che la città  di Carrara e la zona circostante furono dominate per lungo tempo dal Ducato di Modena e Reggio, che considerava Carrara come il suo naturale sbocco al mare. Gli influssi culturali furono tali da creare una sorta di isola dialettale, con una parlata differente al dialetto lunigianese, che, seppur con molteplici sfumature, rimane abbastanza omogeneo nella bassa (provincia della Spezia) e media lunigiana (provincia di Massa-Carrara), mentre cambia radicalmente nell'alta lunigiana, a Pontremoli e Zeri. Perciò il carrarese, pur trovandosi oggi in Toscana e relativamente vicino alla Versilia, non ha contatti di parentela con il toscano, da cui ha ricevuto pochissimi influssi e prestiti (ad esempio la e aperta come in "bè ne, "il toc" - in toscano il tocco, la granata ecc.), tanto che i locutori del carrarese si sentono psicologicamente non toscani; difatti un lunigianese o un carrarese, quando si sposta oltre Massa dice: "vado in Toscana". Nella stessa "isola dialettale" del dialetto carrarese, esistono comunque varie piccole sfumature, che si possono dividere nel carrarese montano, cittadino, avenzino e marinello; questi ultimi due differiscono leggermente dai primi dato che questi territori sono insediamenti più recenti e dunque hanno loro malgrado ricevuto influenze liguri-lunigianesi. Per poter ascoltare la vera parlata carrarina stretta, oltrechè consultare persone anziane, è bene recarsi nei paesi pedemontani quali Codena, Bedizzano, Colonnata ecc, anche se negli ultimi anni la popolazione di questi paesi è molto diminuita. Accento Il dialetto carrarese si caratterizza per una marcata forma d'accento: unico caso di tutta l'alta Toscana, si tratta di un accento detto accento cacuminale, il quale può sembrare simile all'accento sardo, ma che in realtà  si pensa derivi direttamente dall'eredità  linguistica lasciata dalle popolazioni liguri-apuane che abitavano questo territorio (ciò non è esplicitamente suffragato da prove concrete, ma in alcuni scritti del X-XI sec. si fa riferimento alla strana parlata delle genti delle valli apuane), poi amalgamatasi nel tempo con le lingue romanze. Tale accento si può trovare, seppur di minore intensità , anche nei villaggi e paesi del versante apuano appenninico, come Vinca o Casola in Lunigiana, ecc, e, se si ascolta attentamente, anche nella parlata massese, la quale però ha subito a lungo influssi dalla vicina Versilia. Come riprova si osserva che questo accento non è nato solo nella città  di Carrara ma era parte integrante di quasi tutto il comprensorio delle Alpi apuane. Le genti apuane furono sconfitte dai romani e massicciamente deportate nel Sannio ma mai del tutto estirpate dalle valli apuane. Esempi di parole tipiche del dialetto carrarese 'ntend'r : capire (nella fraseologia anche: assaggiare) A-tè : intercalare utilizzato per richiamare l'attenzione di qualcuno; Almà nc : almeno; Armanèr : rimanere; Arguajar : rimediare, tovare; Arguajàrs : prendersi cura di se stessi; Arpiàrs : riprendersi; Badòti : castagne bollite, usato anche volgarmente per indicare i testicoli Bagàsh' : ragazzino che per guadagnare due spiccioli aiutava i cavatori trasportando secchi pieni di scarti del marmo (marmettole), storicamente è il ragazzino che nelle miniere doveva sottomettersi ai voleri del suo datore di lavoro anche sottoforma di molestie sessuali, da qui il termine Bagascia; Barbantàna : strega, talvolta la Befana; Baròz : carretto; Batacùl : capitombolo, capriola; Baìsha : saliva, "bausciòn": sbrodolone; Bèg : verme; Biashà r : biascicare, parlare con la bocca impastata; Bicèr : bicchiere (e specialmente bic'rin, soprattutto in riferimento ad una bevuta in compagnia, una sbic'rata); Bisìca : ansia, Bisènfio : satollo; Bòda : rana; Bòda Cozzala : tartaruga, letteralmente sarebbe "la rana col guscio"; Bòna : buonasera/notte, usato anche quando l'interlocutore non ha capito quello che è stato fatto intendere; Bòna : buona, bella; Bòz : bozzo, acquitrino, ragazza non attraente; Brind'lòn : penzoloni, larghi; Bubanìcia : Grillo-Talpa; Buscaiòl : Lavoratore che per buscarsi da mangiare eseguiva lavori pesanti, come il trasporto di lastre di marmo sulla schiena (specialmente al porto di Marina di Carrara); Buti : germogli; Butìn : bottino, concime biologico creato con acqua ed escrementi animali; Buzi : scarti (nel gioco delle carte); Cà  : casa; Calcinèli: arselle; Calda Calda: cecìna, farinata. Impasto di farina di ceci e acqua cotta in forno, tipica ligure e toscana; Canèl : mattarello; Cantarà n : comè; Cap'leti : cappelletti, tortellini; Catà r : cosa, oggetto; Cià mpa : gamba, in senso spregiativo; ciampicòn è detto della persona maldestra che incespica sempre o si muove in modo goffo; Ciampà ta : pedata; Cicà la : cannocchia; Cicalòn : uno che butta via i soldi; Ciòc : pezzo di legno, colpo, rumore di qualcosa che è caduto o è stato colpito ("chiocco");nel carrarinno il gruppo"ci" viene sostituito da "Z" Cimùr : cimurro, inteso come: raffreddore; Còci : cocci, pezzi rotti; Cocòmbla : cocomero, anguria; Còli : cavoli; Coltròn : coperta pesante; Cròki : coccole; Cucià r : cucchiaio; Cunìggi : conigli; Cushì : così (tipico del massese); Cultèd : coltello; Dotòr : dottore; Drent : dentro; embr'z : embrice, "mus' a embr'z" si dice a persone dalla faccia schiacciata e "tegolosa", o a personaggi non molto scaltri; F'nòz : finocchio (in senso dispregiativo); Fant : o anche fantòt', giovanotto, in genere adolescente (più cresciuto di un M'nin, comunque) usato anche al femminile: fanta; Fava : genitale maschile; Ficòne/Ficonà ta : Pugno; Fòk : fuoco; Fòla : bugia, storia; Fruttìn : succo di frutta (nel brik o nella bottiglietta di vetro) Fugazìna : focaccia (salata), è particolarmente gustosa la "fugazìna con l'fioròna", ovvero la focaccina ripiena di fichi fioroni (privati del loro picciòlo), che maturano a Luglio; Furzìna : forcina per capelli; Gadèt : galletto (detto anche a uomini che voglion strafare); Ganàscia : bocca; Gargana : Interiora di Animale morto, specie di pesce; Ghiàz' : ghiaccio; Gòkia : ago; Gòm't : vomito; Gòm't : gomito; Gonèla : gonna; Granàta : scopa; Grembiàle : grembiule; Guàza : rugiada; Guèrc : cieco; Gusce : Gusci; Gnòri : coccole; Kiakiere : frappe; Kiòk : incidente, botto; Kiuìn : uccellino; Lav'lìn : zingaro (dispregiativo) Lèrfo : labbro (nelle sue varie accezioni) Liza : ("lizza") antico sistema di trasporto a valle dei blocchi di marmo, antecedente alla meccanizzazione del lavoro di cava; Lòz : spazzatura, concimaia, anche aggettivo "sporco"; Mà  : madre; Magnàr : mangiare; Maràno : persona dai modi di fare bruti e maldestri "T' sen' un maràno"; Mic : asino/mulo; M'rlinzàna : melanzana; M'nin : (o anche ninin) bambino, giovane ragazzo (plurale M'nini); Mo' : adesso, ora; Mozkòd : fazzoletto; Mòzza : vagina; Mufo : dal colorito cadaverico; Mundiòla : mortadella; Mus : viso; da cui anche Musata nel senso di "dare una facciata contro qualcosa, in senso sia fisico che morale (nel senso di subire dei danni o una delusione a seguito di qualche decisione presa) Mùsc'li : cozze; Nemànc : nemmeno; N'ròn : livido; Nicò : tutto, letteralmente deriva da: ogni cosa; Nòna : nonna; Nonò : nonno; Nòta : notte; Oc : occhio; Ort : orto (anche ortzed, "orticello"); P'fàna : befana; P'lìn : pulcino; P'tèra : vagina; P'v'ròn : peperone; Pà : padre; Pan : pane; Par : sembrare, letteralmente "parire, apparire"; Paracqua : ombrello; Parpagliòn : pipistrello; Pè : piedi; Pidjàr : prendere; Pignàta : pentola/padella Piàc : pidocchio; Pir : palo, bastone (oppure un oggetto di forma simile) anche in riferimento ai sistemi di pali usati per sotenere le funi durante il lavor di cava; Pistàr: Cadere o picchiare. "Tra 'n po' a pìst' in tèra" vuol dire "Stavo per cadere", mentre "Mo' a t' pist'" vuol dire "Ora ti picchio!" Pit : tacchino; Pitukìn : capelli legati a coda di cavallo; Pizàta : puntura di zanzara; Pòd : pollo; Podàr : pollaio; Pòm' : mela Pomàta : pomodoro; Portsèm'l : prezzemolo; Raganela : pesce che vive tra le acque marine dotato di aculei sul dorso (tracina in italiano); Rasputìn : persona che si masturba spesso; Ravanèto : ammasso di detriti della lavorazione del marmo, scaricato lungo un pendio; (ala) Rinfùsa : a casaccio; Rèna : sabbia; Rènza : flautolenza; Rumàr' : mescolare; Rumènta : spazzatura; Ròtola merda : (oppure Borb'lòn) scarabeo stercorario; Ruza : collera; Sacòcia : tasca; Sbrijiàr' : distruggere, rompere "T' sbrij nicò": rompi proprio tutto; Sbrodjàr : sciogliere i nodi; Scapuciàr : scivolare (con probabile caduta) mentre si cammina; Scràna : sedia; Sgang'ràt' : sgangherato, rotto; Sgatinàr : vomitare; Sgrend'no : grezzo (nel vestirsi e nell'aggeggiarsi); Sguilàr: scivolare Shi : sì; Smalvàt : molle; Smilz : deperito; Smorzòni : fiammiferi; Smunt : deperito; Spampanàt : sfatto (mia nonna lo diceva per le rose troppo aperte); Sp'rlunzìna : piccola ecchimosi; Stànzia : stanza; Stèda : stella; Strinàt : bruciato, ustionato dal Sole; Tafòn : schiaffo; Taià rìn 'ntì fajòli : taglierini nei fagioli (piatto tipico della cucina carrarina), per essere particolarmente gustosi devono essere "bèdi potòni" e devono avere la "cotèna" dentro (cotenna del lardo di Colonnata, molto dura e salata, che diventa morbida cuocendo); Talènto : discorso senza senso oppure ovvio. "Che talenti!" cioè "Che discorsi..." Tansirè : "Tanto sarebbe", al limite, semmai: "T'ha magnat tuta la torta, tansirè.." (se la voleva qualcun altro); Tarpòn : topo/ratto; Tèkia : tegola o parete verticale di una cava (tecchia); il tèkiaiol è il cavatore specializzato nella liberazione dei detriti franosi dalla tecchia; Telesclerotico : arteriosclerotico; Topèti : piccoli gnocchi fatti a mano; Tordèli : Tordelli. Tipici i ravioli di carne e bietola di Marina di Carrara; Tràn : treno; Tronàta : botta contro qualcosa o rumore del tuono (trono); Trònco : scemo; (a) Ufo : gratis (deriva da: ad Usum FOri; al tempo dell'antica Roma era la frase siglata sui blocchi di marmo bianco, lo statuario, il più puro, proveniente dalle cave apuane e stava a significare che tale marmo era da destinarsi alle opere monumentali della Caput Mundi esenti da dazi; vec: vecchio (anche v'ciot, "vecchietto"); Verdòn: il pesce sgombro, sputo di catarro; Vòta : vuota; Vòta : volta; g'da t' : gelato; cinqui : cinque; cipòda : cipolla; zing'ri : capelli non curati; cicèrb'da : Cicerbita (pianta erbacea molto utilizzata per gli "erbi", ovvero varietà di erbe di campo bollite e servite con fagiolini dall'occhio, olio, un pò di pepe ed eventulamente polenta ciortèda : lucertola; zukèd : zucchina; zuk'r : zucchero; Esempi di frasi in carrarese A i ò dit la rasòn : "Gli ho detto la ragione", dove "ragione" sta per discorso, o ancora meglio "Mi sono fatto intendere"; A fian 'l m'zin? : "Facciamo il mezzino?" riferito alle sigarette; A l'è drita com la via d' Codena : è stortissimo; A'l vorè duràta! : "E' l'ora di finirla"; A la bon'ora : "di buon'ora" detto con sarcasmo; A m' sòn ròt i badòti! : volgare, per indicare uno stato di insofferenza; A m' 'rman' 'n man : "mi rimane in mano", scioglilingua; A Uf an m' stuf : "Ciò che è gratis non mi stanca"; Atènt' k' t' t' tà i! : "Guarda di fare attenzione che rischi di procurarti un taglio"; Bela me Italia, com a l'è kunza mal : Bella la mia Italia, come è conciata male; Che zukèd!: Detto ad una persona per dire che si comporta stranamente, o che è duro di comprendonio. Com' al ven, al ven : come viene viene; Com'a vorè k'a t'fuss' nat'nà pècra! : "come vorrei che tu fossi nato una pecora", usato quando l'altra persona sta facendo disperare l'interlocutore; Cos a i è? : "Cosa c'è?"; Cos t' vò? : "Cosa vuoi?"; Cos t'è ? : "Cos'hai?"; Fis com un potò : "Fisso come un palo", per indicare un oggetto stabile o, soprattutto, una persona che si fa trovare molto spesso in un certo luogo; Giò Pitipò, quel' qi ved' ì vò, se al ved una cagàta i vò dar 'na licata, se al ved una pisciàta i vò dar 'n'assaggiata : "Giorgio Pitipò, vuole tutto quello che vede", si dice di solito a persone viziate che vogliono provare qualsiasi cosa o a persone che si chiamano "Giorgio"; I dur'rà  quant un zukèd n' boca a n' porc : "Durerà  quanto una zucchina in bocca a un maiale", ovvero durerà  pochissimo; I en di qi scelti 'ntel maz : (sono di quelli scelti nel mazzo) sono i peggiori; I fa la bòda con le' là  : "Fa la rana con quella là ", ovvero fa la corte a quella ragazza; I magn pù bota che pan : "Mangia più botte che pane", riferito a ragazzini pestiferi oppure a persone che vengono continuamente picchiate; I magn'rè ank 'l fisch al trèn : "Mangerebbe il fischio al treno", detto per intendere la voracità  di qualcuno; I pì i topì to pà ? : Scioglilingua, letteralmente "Li prende i topi tuo padre?", o meglio "Tuo padre prende i topi?"; I vegn'n zu ank i bodeli/tarpon! : "Vengono giù anche i ranocchi/topi" quando piove tanto; La cava e la vita a l'en tuta na salita : "La cava e la vita sono tutta una salita", proverbio carrarese; L'alt'r dì : l'altro giorno; Le Grazie a l'stan a Spezia : "Le Grazie stanno a Spezia", formula usata per rifiutare ringraziamenti (il paesino de "Le Grazie" è un borgo in Provincia della Spezia"); Lè lì alè fora com'i terazi! : Quello li e fuori come un terrazzo, per indicare persona che si comporta in modo strano, ubriaco o stupido; Malaìt il pork : maledetto il porco, tipica frase che indica frustrazione, ansia o rabbia; Malaìt il can de ges' : maledetto il cane di gesso, come sopra; Ma mi lu' lì cum i è kunz : ma guarda quello come è vestito, per dire che è vestito male; Ma ti conviène? : tipica espressione che indica interessamento o sorpresa, nella scrittura identica all'italiano ma diversa nella cadenza. Usualmente è possibile sentirla alla stazione locale dei treni; Me al darè : tipico apprezzamento per indicare una bella ragazza; Me al kiok'rè : vedi topic precedente; Me mà  a m' dà  : mia mamma mi picchia; Mèt'r 'n tors' : mettere in ammollo; Mo' a te 'l diz me : "ora te lo dico" io, ma nel senso di "dare una lezione" a qualcuno; Mo' anch i av'nzin i vodjn' saper notar? : ora anche gli abitanti di avenza vogliono sapere nuotare? (chiaramente in segno di disprezzo); Mo' m' n' vai a cà : "ora vado a casa"; Mo' ti l'à 'n sacòcia : "adesso sei fregato"; Mo' t'sen d'l gat'! : (Ora sei del gatto)= Ora sei fregato Mus a pipa : Letteralmente "viso a pipa", detto di chi ha il naso o soprattutto il mento particolarmente prominente; N'do t' va? : "Dove vai?"; N'do t' la la forza? In te la petera? : "Dove l'hai la forza? Nella figa?"; N' t' rn'scìr col carbòn a canèli : "non dire cavolate"; Nesc 'mpo' da rumpir i badòti! : Levati di torno! (Lett: esci un po' da rompere i cotali); Nè Bèlo!? (o anche O Bèlo!?) : Letteralmente "O Bello!?", con tonalità interrogativa e scocciata, serve per evidenziare il proprio stato di disapprovazione in merito ad una data situazione; Nud e nato : Nudo come appena nato; Oh 'n mea! : Ohimè; O mea me : Mamma mia O q'd om!? (oppure O q'la dòna!?) : Letteralmente "O quell'uomo/quella donna!?", variante di "O belo!?"; Par mil ani : letteralmente "sembrano mille anni" usato nel senso "Non vedo l'ora; meno male". Es: "Par mil ani che finisce la scola!" Detto da un ragazzo, "Par mil ani che inizia la scola" detto da una mamma Pìn po' 'l pan' : "Prendi un po' il pane"; Pìn po' 'l parà k' al piov' : "Prendi un pò l'ombrello che piove"; Pìst' qi! : "Prendi questo!" in genere inteso più in senso morale che fisico (quando un interlocutore "segna un punto" a suo favore in una discussione); Pìst' chìe port' a cà  Pogheti e sicureti : "Pochini ma sicuri", riferiti ai soldi, variante del proverbio meglio un uovo oggi che una gallina domani; Pov'ra no : Poveri noi; Su per i bricchi : su per i monti, usato in senso dispregiativo per indicare luoghi lontani e/o difficilmente raggiungibili T' l'à 'ntes? : l'hai sentito/capito/udito/assaggiato? T' mand tut in sicutòri : "Mandi tutto alla rovina, rompi tutto" detto a chi non tiene mai ferme le mani; T' sen magr' com' n kiuìn : "sei magro come un uccellino", non mangi; T' sen scèm com' la fioròna : lett:"sei sei stupido come i fichi fioroni" T' sen pròpi dur com 'l mur : "Sei proprio duro come il muro" detto a chi si ostina a non capire; T'à  capit? : "Hai capito?"; T'  m'a rot i badòti : mi hai scocciato!, mi hai rotto le scatole; T'a pu corni che un cest d' lumacheli;"Hai più corna che una cesta di lumache" detto a chi è stato tradito più di una volta T'à  tut unt e t'à tut tint un tac : Scioglilingua, letteralmente "Hai un tacco tutto unto e tutto tinto"; T'ancamo' f'nit? : "Non hai ancora finito?" inteso come lamentela; Timilì timilèra : Usato come intercalare, significa "tra una cosa e l'altra"; Trinz com l'tabàc : "Trinciato come il tabacco", ovvero ridotto male, oppure al verde, senza soldi; Zup colènt : bagnato fradicio, letteralmente sarebbe "zuppo golento"; I Numeri 1 Un 11 Undz 100 Cent 2 Do 12 Dodz 1000 Mili 3 Tre 13 Tredz 4 Quatr 14 Quatòrdz 5 Zinqui 15 Quindz 6 Sè 16 Sedz 7 Sèta 17 Dizasèta 8 Ot 18 Dizòta 9 Nòvi 19 Dizanòvi 10 Dièz 20 Vinti Elementi di grammatica Articoli 'l - la, singolare i - l', plurale un/'n - una/'na, articolo indeterminativo Pronomi Pronomi personali soggetto Me (io) Te (tu) Lu' - Le' (egli - ella) Noaltri (noi) Voaltri (voi) Lor (essi) Verbi Verbo essere Verbo avere (Me) a son (Me) a i è (Te) t'sen (Te) tè  (Lu') i è - (Le') a l'è (Lu') i è  - (Le') a l'è (Noaltri) a sian Noaltri aviàn (abian) Voaltri siet Voaltri avet (Lor) i en - a l'en (Lor) i è n - a l'à n Prima coniugazione: "pagàr" (pagare) Seconda coniugazione: "mòv'r" (muovere) Terza coniugazione: "surtìr" (uscire) (Me) a pag (Me) a mòv (Me) a sòrt (Te) t'pag (Te) t'mòv (Te) t'sòrt I pag I mòv I sòrt Noaltri pagàn Noaltri movèn Noaltri surtìn Voaltri pagàt Voaltri movèt Voaltri surtìt Lor i pag'n Lor i mòv'n Lor i sòrt'n Fonti Carla Marcato, Dialetto, dialetti e italiano. Il Mulino, 2004. Francesco Avolio, Fra Lingue e Dialetto D'Italia. Dispensa allegata al corso "Il Dominio Linguistico Italo-romanzo" dell'Università  dell'Aquila. Auda Fucigna, 'L cararin. Artigianelli, 1968. Il glossario e gli esempi sono stati redatti in collaborazione con alcuni parlanti nati a Carrara.
Venerdì 03 Giugno 2011 | 37306 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Cultura/Personaggi
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Domenico Nico Nicolini è un avenzino D.O.C.! Numero uno nella sfera della cucina di qualità, apprese i primi rudimenti dellìarte culinaria tra le pareti domestiche, aiutando la madre nella preparazione del pranzo o della cena. Lìestro che lo spingeva a migliorare quando un primo, quando un dolce, lo invitò a frequentare scuole specifiche. Eccolo, infatti, tra i banchi dell'Istituto G. Minuto di Marina di Massa, scuola alberghiera frequentata da studenti provenienti da tutta la Toscana. Da lì, il passo che lo portò a contatto con i più grandi chef nazionali fu breve. Iniziò a collaborare con Paracucchi quando aveva appena 15 anni, e allora, l'attuale Locanda dell'Angelo, rientrava tra i primi dieci ristoranti italiani riportati dalle guide specializzate. Successivamente, entrò nelle fila dell'Hotel Byron di Forte dei Marmi, dove venne investito della mansione di chef capopartita. Ma le soddisfazioni non erano finite. Di lì a poco, venne nominato chef di consulenza per la notissima Bussola di Focette, per poi tornare all'istituto alberghiero G. Minuto, non più tra i banchi di scuola, ma in veste di Chef di cucina. Durante quest'ascesa fu presente anche a molti avvenimenti: coordinato dal presidente degli chef Paolo Caldana, partecipò al summit veneziano che vedeva presenti i sette Paesi più industrializzati del mondo; inaugurò i Mondiali italiani nel 1990, a Milano; e, recentemente, curò il raduno Ferrari presso le nostre cave, oltre a quello delle Harley Davidson, da poco conclusosi presso il centro Carrarafiere. Chiediamo a Domenico di dirci qualcosa relativamente al tempo libero. Ne ho pochissimo  risponde: ma quel poco che ho lo investo sulla mia famiglia e sulle donne!. Hai qualche passione sportiva? Sono tifoso (anche se non un Ultrà) della Juve, oltre che della Carrarese dove ho militato nelle giovanili; molti i bei ricordi che mi legano al calcio, tra cui l'amicizia con un altro avenzino, Emiliano Mosti, idolo della curva nord nel derby vinto contro lo Spezia parecchi anni fa! Qualche sogno nel cassetto? Trovare una ragazza che mi sopporti e avere un'esperienza televisiva; la prima cosa è quella importante, la seconda, solo un capriccio. Quali ritieni essere i migliori ristoranti della zona? Non vorrei fare pubblicità , e risponderò secondo miei personali giudizi: credo che il migliore sia La Magnolia di Forte dei Marmi, dove fa consulenza il mio maestro ed amico Rolando Paganini. Per restare, però, più vicini, trovo che ci sia un ottimo rapporto qualità  prezzo alla Petite Cousine di Carrara. Conclude, Domenico, con un ringraziamento ai tre professionisti che maggiormente lo hanno aiutato nella sua formazione: i già citati Paganini e Caldana, oltre a Remo Maffei. di David De Filippi
Venerdì 03 Giugno 2011 | 4852 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Cultura/Personaggi
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Ad Avenza Enzo significa gelato. Ed è così per diverse generazioni, da quando nel 1967 il signor Enzo Bachechi, proveniente da Altopascio, aprì il negozio in via Giovan Pietro per regalare alla nostra città un gelato di qualità  riconosciuta a livello nazionale. Ascoltando i pareri di chi negli anni Sessanta era ancora un ragazzino, in molti ricordano Enzo arrancare sui pedali del suo carrettino dei gelati: partiva da Avenza, dopo aver fatto il pieno di gelato, per poi dirigersi alla volta di Sant'Antonio, dove veniva atteso ai lati della strada come un ciclista al Giro d'Italia, e come tale, accolto dagli applausi per il prezioso contenuto che recava con sè. Continuava il giro, attorno a Nazzano e riscendeva per via Provinciale, giungendo nei pressi del passaggio a livello senza più neanche un grammo del suo dolce tanto atteso da mamme e bambini. Così, se accadeva che qualche bimbo restava all'asciutto, ecco che il giorno dopo percorreva il Giro in senso contrario, accontentando quelli che il giorno precedente erano rimasti delusi. Erano tempi duri, ma felici ricorda ora la signora Ottavia, parlando di quegli anni. In tutta la città esistevano solo tre gelaterie, e il gelato veniva considerato per lo più uno sfizio estivo. E' per questa ragione che a Enzo venne in mente di affrontare i rigori invernali con qualcosa che scaldasse la golosità  della gente d'inverno, tanto quanto d'state. Ecco, quindi, nascere l'idea di un negozio double-face, gelateria d'estate, pizzeria d'inverno. Romano e Roberto, che assieme alla signora Ottavia, ora gestiscono la rinomata gelateria avenzina, ci raccontano come oggi per fare un buon gelato ci si possa avvalere di corsi di preparazione, di dosatori, di misurini e macchinari all'avanguardia; tutte cose che Enzo aveva nel sangue e che traduceva in creme e sorbetti esclusivamente sfruttando l'estro e l'esperienza del vero artigiano, trasmessa così ai figli. Oggi, la gelateria da Enzo è un locale elegante dove si può sorseggiare un aperitivo in compagnia di amici, o sedersi all'aperto a fare quattro chiacchiere con gli amici; ma prevalentemente resterà  una meta e premio per tutti i bambini che vogliono commettere un soddisfacente peccato di gola, esattamente come avveniva al suono del campanello del carrettino dei gelati. E così che vogliamo ricordare Enzo, ed è così che lo immaginiamo anche ora: da lassù, osserva il suo locale con sguardo burbero, ma soddisfatto; e con il perenne toscano appeso al labbro, ci sorride, prima di distribuire agli angeli bambini, ordinatamente in fila, un pò del suo gelato di nuvola. di David De Filippi
Venerdì 03 Giugno 2011 | 6426 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Cultura/Ricette
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Brodo di carne Farro gr. 300 Burro gr.50 Olio extravergine quanto basta Fagioli cannellini gr.100 Lardo gr.100 Piselli gr.50 Sedano gr.50 Aglio 1/2 spicchio 1 pomodoro pizza Prezzemolo, cipolla tritata Parmigiano gr.100 Vino bianco quanto basta Fare un ottimo brodo di carne. A parte cuocere i fagioli in acqua senza sale metà lasciarli interi e l'altra metà passarli al passatutto. Unire ai piselli sbucciati il sedano tagliato a quadretti e il pomodoro anche questo tagliato a cubetti. Tritare il prezzemolo la cipolla pestare il lardo con l'aglio. Far rosolare la cipolla aggiungere il farro e farlo tostare. Bagnare con il vino bianco e lasciare evaporare. Aggiungere il brodo in continuazione a metà cottura (circa 15 minuti) aggiungere i fagioli passati e quelli interi , il sedano e i piselli. Quando il farro è quasi cotto (25 minuti) aggiungere, fuori dal fuoco, burro, olio, parmigiano e lardo pestato. Lasciar riposare per qualche secondo e aggiungere il pomodoro tagliato a quadretti e il prezzemolo. Nicochef"
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3020 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
Storia/Storia di Avenza
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E' notorio che la solennita' di San Marco, che ad Avenza si accompagna alla fiera piu' frequentata del comune,affonda le sue radici nell'antichita': sono state molte, in effetti , le festivita' pagane propiziatorie recepite dalla cristianita' e la grande festa di primavera del 25 Aprile e' certo tra quelle. Era la solennita' lunense per eccellenza, tant'e' vero che i vescovi, quando dopo il 1204 dovettero abbandonare Luni per Sarzana, tornavano in processione nella citta' morta ogni anno, proprio il giorno di San Marco, per mantenere il legame con lei e le sue tradizioni,sperando in una sua rinascita. Il culto dell'evangelista e' comune nelle regioni legate all'impero bizantino. Il vescovo Enrico da Fucecchio,ricevuta l'investitura nel 1273, scelse per l'entrata nella diocesi "apud Urbem Veterem" il 25 aprile, che volle celebrare secondo le tradizioni. Alcune fonti,sebbene tarde, parlano anche deel'esistenza di una chiesa in Luni dedicata al Santo. Il borgo di Avenza, legato da secoli alla citta' e alla sua pieve , ne eredito' parte del patrimonio spirituale: il titolare della chiesa e' San Pietro come lo era della basilica lunense fuori le mura, San Marco e' protettore del paese. Le statue marmoree dei due santi, capolavori cinquecenteschi, campeggiano ai lati dell'altare maggiore. lo stamma vescovile con la mezzaluna e' sempre sulla facciata della chiesa. La solennita' di San Marco, ereditata da Luni da tempo immemorabile, e' sempre stata la festa di primavera di maggio successo, basta dire che dal presidio di fortezza veniva distaccata una pattuglia alla fiera per motivi di ordine pubblico (dai ruoli fine 1700). Con l'unita d'Italia le norme sulle fiere e mercati portano ad una ufficializzazione dopo il 1870, come fiera di bestiame. La vendita di maiali e' durata fino agli anni ottanta del XX secolo, soppressa per una epidemia di afta; sopravvive quella del pollame. L'attuale coincidenza della solennita' religiosa con quella della Liberazione non ha fatto altro che rafforzare le tradizioni fondendo l'antico con moderno. Con circa 300 banchi e' la piu' estesa fiera del comune di Carrara, nonche' la piu' frequentata, per la felice stagione. Tipico dessert di San Marco, la torta di riso all'avenzina. ....., dal 1926 gli avenzini il santo protettore l'hanno messo anche nel pallone: forza San Marco>>>>>>> Pietro Di Pierro
Venerdì 03 Giugno 2011 | 7785 hits | Stampa | PDF |  E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione

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