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Cultura/Libri su Avenza
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 Autore Aldo Cecchini Fotografie della collezione A.Corsi g.c. Foto Brizzi Prima edizione Aprile 1997 Editore Celani
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3159 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Cultura/Dialetto
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L bar d'l Mancin sul ponte di Avenza. dagli anni '70 ad oggi. ha visto avvicendarsi diversi proprietari e gestori. Uno di questi, a cui va il merito di averlo modernizzato, dopo averlo rilevato decise di renderlo più accogliente; fu dato inizio ai lavori alla cui fine seguì un rinfresco di inaugurazione che durò tutto il giorno, e tutta Avenza partecipò alla festa, anche perchè il proprietario era una persona conosciuta (pur non essendo di Avenza). Di nobili origini napoletane, si era fatto strada svolgendo. da artigiano, una professione che non tutti vorrebbero fare. (svuotamento dei pozzi neri e spurgo fogne) e che svolta con serietà e dignità gli aveva dato modo di farsi conoscere e stimare. Aveva cambiato anche nome al bar. ed essendo di nobili origini pensò bene di esporre anche lo stemma del casato;"mal gliene incolse", come si suoi dire, difatti nel bei mezzo della festa, ad un tavolo dove erano seduti Bibio, Silvie. Palmin, ed altri, il nuovo proprietario si avvicinò per sentire se tutto era di loro gradimento. rispose Bibio per tutti : - T'afat un bel Bar, al'è tut bon, anch il vin. Però... però. a t ' dev far n 'apunt. - Dimmi Bibio! rispose già allarmato. -'Nd'l'Stema d'Fami(d)gia ai manc qualcò ! - Che cosa ? Replicò ormai certo di essere caduto in trappola. Bibio si aggiustò bene sulla sedia, si schiarì la voce e con tutta la potenza della sua voce nasale, sparò : - 'Lforcon dal loz. e la pipa dal buitin. Racconto tratto dal libro "UN ZIGHININ D'L'AVENZA" scritto da FRANCO MENCONI
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3564 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Storia/Storia di Avenza
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Alcuni studiosi fanno derivare il nome di Avenza da 'avanzo', ovvero 'avanzo di Luni. L'ipotesi, è basata sul fatto che il borgo (vicinissimo a Luni) si organizzò ed ebbe un certo sviluppo in seguito al declinare della già fiorente colonia romana. Più verosimilmente il toponimo Avenza (che nei documenti antichi si legge spesso anche nelle forme Aventia, Avencia, Laventia, Lauencia e Lavenza) deriva o dalla radice Avenza, cioè al fiume (l'etimo -enza o dalla radice comune negli idiomi indoeuropei lav o liv (con significato di acqua) che si ritrova nel nome di corsi d'acqua italiani ed europei. Vedasi ad esempio: Lavello ad Avenza, Livenza nel Friuli, Lavenza nel Nizzardo francese e Lavenza o Lauencia in Austria (si trova anche Labenza in Pannonia e Lauenza o Lavenicz a confine tra Ungheria e Stiria " limes Hungariae Styriae" ) . Anche il fiume che attraversa Carrara (attualmente conosciuto come Carrione) nei documenti e nelle mappe antiche è indicato come Lavenza. Il toponimo Flumen Aventia, per indicare l'attuale Carrione, trova riscontro addirittura nella Tabula Peutingeriana e ha probabilmente dato nome al borgo sorto alla sua foce che si suole ancora comunemente chiamare in carrarino Lavenza e in antico avenzino Lauencia.
Venerdì 10 Giugno 2011 | 12450 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Cultura/Dialetto
Autore:Administrator
Ma m ir un pò che fumacera c'aiè¨ drent a sta cantina, a iè d'aria tuta nera al par ch'i fag'n l' mundina. Ma nisc'un i fa pà cas p'rchè i an l' carta 'n man, e se ai ven ner 'l nas i s'l pulisc'n doman. A p'nsari propi ben al par ch'i sibin d'l m'ster, ma se 'l g'och i ni va ben i arman'n li come un p'ter. Lor ig'en di raministi ma i par'n di sc'nziati, però s'i perd'n ig'en tristi i biastim'n come arn'gati. Mò a v' mòstr i concorenti che pù o men ig'en senp'r queli, con la speranza ch'ig'en contenti se 'n t'ia lingua a ni o di peli. A 'ncuminc con Gragnan che i atach senpr tuti, e c'd'altr al sapian ig'è 'l Top, 'lre di bruti. 'L pù ganz ig'è Guido ch'i s' divert a marcar, i n' vò s'ntir dir afido quante un i dev g'ocar. Pò aie Carlo d'la bonba ch'i sta senpr zit, zit, Min'strin i ariv 'n tronba ma i arpart tut avilit. Calm, calm ig'è Penachi un oriund d' marina, ma quel ch'i pas ai cantratachi ig'è Zinghin d'la Patascina. Anch Zidò i fa i so sforzi p'r vinc'r quarchi ciculatin, ma i so progeti i vegn'n smorzi da Bruneto, Piuin. Ma a iè anch G'uvanin 'l frated d'l maestr, lu i perd da mancin e i pagh col brac destr. Mò parlan d'i spetatori ch'i vegn'n p'r v'der, s'ig'àn pov'ri o signori pur quarcò i dev'n ber. C'alnbòtigè 'Ng'oler che a Nan in da una taza, pò i dic: una a zer questa chi a nè mica guaza. A volta al ven anch 'l Leon senpr tut 'ncalcinat, i fa un pò d' confusiòn pò i va via ch'i par pagat. S'ainà tanti 'n cunpagnia a pagar i fan tir e ten, cuscì prima d'ndar via i l'apiòp'n a Malen. P'r fnir quest litrat a i vorè anch Gomera, Me ormai a son sgolai e pagat'm da bera. di GIOVANNI ALIBANI
Venerdì 03 Giugno 2011 | 6003 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Cultura/Libri su Avenza
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Autore Giovanni Alibani Unione tipografica Piacentina Pubblicazione 1973
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3149 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Video/Video
Autore:Roberto
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Giovedì 01 Agosto 2013 | 2700 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Cultura/Libri su Avenza
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Autore Pietro di Pierro Casa di edizioni Aldus Carrara Prima edizione Marzo 1997
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3120 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Storia/Storia di Avenza
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Il primo abitante certo di Avenza è quel "Gherardo de Aventia" che risulta tra i firmatari di un atto del Codice Pelavicino dell'anno 950, for- nendo la notizia indiretta dell'esistenza dell'abitato di Avenza prima ancora che la stessa fonte fornisca quella di Carrara (nel 963) tuttavia le fonti sono scarse prima del XTV secolo. Solo i contratti di locazione degli eredi di Castruccio Castracani alla fine del '300 fanno riferimento a persone che prendevano in affitto le singole parti del palazzo;la qual cosa mostra una certa vitalità del borgo non ancora nella fase acuta della crisi che tra il quattro e il cinquecento lo portò quasi all'estinzione, ma non è sufficiente per un quadro della situazione demografica. Scarse quindi, sono le notizie sulla popolazione del borgo prima del XVI secolo ma qualcosa di più preciso possiamo trarre dagli estimi del XV secolo. Risultano in questi atti 57 proprietari di case in Avenza che evidentemente per ebbe alterne fortune: le troppe guerre, i troppi padroni, la troppa insalubrità e la troppa miseria, non l'aiutarono certo, fatto sta che quando il Principe Alberico I Cybo- Malaspina, ne prese possesso, praticamente era disabitata, e nel primo censimento, per dirla con lo Sforza, di "Avenza non si fa motto", altrove di parla di due sole famiglie ma la sostanza non cambia. Dalle fonti d'archivio sopra citate è tuttavia possibile ricostruire la struttura sommaria dell' abitato che si snodava sulla pubblica via (praticamente un decumano, sulla dirczione levante-ponente della via Romea) con due porte corrispondenti: la "porta mastra" verso Massa e l'altra "quae prope Sarzana". Il borgo si articolava in diversi isolati divisi l'uno dall'altro da un cosiddetto "solco del comune", un vicolo che fungeva anche da scolo delle acque. Purtroppo il fatto che la "prima casa" fosse esente da imposta, non ci da ne in numero esatto delle abitazioni, ne la ricostruzione dei vari isolati che possiamo comunque stimare in sei o sette; forse vi era una via che incro- ciava ortogonalmente la via principale al centro (si parla di una "via della chiesa" e di due case con la "via da due parti"), probabilmente con porte corrispondenti a monte (quella tutt'oggi visibile?) e a mare (si cita una "murata" vicino al cimitero e alla porta). Ma tornando ad Alberico I vediamo che la posizione di Avenza, in (mezzo ad una campagna da sfruttare e vicino ad un mare da cui trarre vantaggio, convinsero il principe ad invogliare la gente delle località viciniori a venire a ripopolare l'antico borgo; fece rifare "le muraglie della terra" come ci narra Guaspar Venturini, e concesse esenzioni dalle tasse, espediente questo usato con successo dai Medici per popolare Livorno. L'incremento della popolazione all'inizio fu minore di quello sperato (Alberico in una lettera si lamenta che erano solo 60 fuochi, ma se così fosse si sarebbe potuto rallegrare, il numero delle famiglie delle varie vicinanze era stato evidentemente gonfiato per far bella figura col destinatario della lettera). L'andamento della popolazione si può così riassumere con una tabella Gli ultimi dati si riferiscono ancora all'intera popolazione parrocchiale comprensiva di Marina che alla metà del secolo contava circa 500ab.circa). Come si vede l'andamento della popolazione non era omogeneo, a causa anche dell' altissima mortalità infantile (che faceva si che il saldo naturale fosse spesso negativo) e della qualità della vita che, nonostante il favorevole regime fiscale, non riusciva a far decollare l'andamento demografico; a cavallo tra il '600 e il '700 ci fu una flessione, ma il trend alla fine fu più che positivo : La bonifica della campagna di ponente, commissionata ali' ingegnere carpigiano Marcantonio Fasi nel 1588, sicuramente contribuì a rendere più abitabile la piana, l'aumento delle spedizioni di marmo via mare, poi, attirò mano d'opera dai paesi vicini, specie nella seconda metà del XVDIII secolo. Ma da dove venne tutta questa gente? I libri parrocchiali dei sacramenti (battesimi, matrimoni, sepolture) ci aiutano a capire i flussi migratori: i cognomi degli avenzini attuali sono come i coloranti dispersi nelle acque per capirne il percorso. Le direttrici principali sono trà: La Liguria prossima, cioè il sarzanese bassa vai di Magra e Vara; il Massose, Mirteto in particolare; infine la riviera genovese di levante, in particolare Lavagna, Sestri Levante e zone viciniori. Tra i cognomi di provenienza sarzanese, dalla Bassa Lunigiana e Val di Vara: Giannetti, Zanetti, Corsi (da Nicola); Corsini e un ramo dei Tognini(Castelnuovo); Ercolini, Genovesi, Redini, Marchini, Moruzzi, e un ramo dei Tosi(Sarzana); Marchi e De Marchi (Ameglia); Borghetti (da Borghetto Vara); Crudeli (da Matarrana). Forte fu l'immigrazione dal Mirteto: Santucci, Del Padrone, Battistini, Giannoni, Franciosi, Bartoloni o Bertoloni, Scavezzoni, Manfredi, Bottari, Pucci, Ricci, Tonazzini, Arrighi, Soldati, Simonini, Sgadò, Magnani, Lazzini, Mosti, Tonarelli, ed anche un ramo dei Monconi. Altri cognomi come Bordigoni e Alibani, sono diffusi nella campagna della destra del Frigido, ma non segnata la provenienza; sono poi reperibili altrettanti cognomi di mortegiani, oggi non più diffusi ad Avenza. Non mancano, anche se in proporzione minore, le immigrazioni da altre vicinanze carraresi: Strenta e Bruschi(da Fontia), Pianini e Pisani (da Moneta), Binelli(da Miseglia), Guadagni (da Bedizzano), Girolmini, Morescalchi e Ragaglini (da Carrara), ma quest'ultimo cognome è presente anche tra i proprietari di Avenza nel XV secolo, segno di una fuga con ritorno delle famiglie. Notevole anche la direttrice migratoria "genovese" dalla riviera di levante:Cordiviola o Cordeviola (da Lavagna, ma anche da Sestri L. e Cavi); Dazzi(da S. Giulia di Centaura); Vatterone o Vatteroni (da S.Bartolomeo della Ginestra e anche da Cavi); Lucetti (da Riva di Sestri); Dentone o Dentoni (da Riva di Sestri); Botti (da Lavagna); Bogazzi (da Sestri L.e da Cavi); Bologna (da Sestri L.); Ravenna (da Cavi); Tosi (da Cavi e dalla Ginestra e un ramo da Sarzana); Galli (da Trigoso); Cucurnia (da Cogorno); Sebastiani (da Chiavari); Olivieri (dalla Ginestra); Vignoli (da Paraggi). Vi sono poi cognomi simili ad altri oggi diffusi come Bogliano (Bugliani) da Sestri, Magino (Maggini) da Lavagna, Bregante (Briganti)da Trigoso (ma presente anche a Bergiola ). Ancora altri cognomi provengono dall'area del golfo di La Spezia : Faggioni (da Cadimare), Manfroni (da La Spezia), Solari (da S.Bartolomeo di Lerici e da Chiavari), Ratti (da S.Terenzo); Altri cognomi sono dati semplicemente come "genovesi" come Costa e Mussi, altri lo sono chiaramente come Sanguineti e Uneti; seguono ancora una decina di cognomi che oggi non sono più diffusi. Scarsa, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, l'immigrazione dall'Emilia: Fattori (da Ferrara) e Martinelli (da Modena). Sporadiche sono le presenze versiliesi: Balderi (da Seravezza), Stefanini (da Camaiore). Una domanda viene spontanea: quali sono le famiglie più antiche di Avenza? E' molto difficile stabilirlo, per il tardo inizio dei registri. La presenza di un Monconi "de Aventia" morto a cento anni nel 1650, farebbe pensare che una delle due famiglie che abitavano Avenza al tempo di Alberico fosse proprio quella, ma anche Paglino(o Paglini) compare tra le registrazioni più antiche,come pure il cognome tipico carrarese Campi e quello gragnanino Lombardini, anche Zaccagna appare tra i primi e rimane a lungo. Alcune direttrici migratorio hanno radici antiche, come quella dal circondario lunense, ma anche quella mortegiana (ricordiamo che l'umani- sta Giovan Pietro Avenzino,secondo gli studi di G. Sforza apparteneva ad una famiglia originaria del Mirteto, i Vitali). L'immigrazione genovese ha i precedenti nell'accoglienza di Alberico I ai fuorusciti di questa regione (non a caso troviamo ad Avenza anche un Dazzi "di Carrara" quindi già naturalizzato): era il popolo dei "leuti", le veloci imbarcazioni a vela latina per il piccolo cabotaggio, che arrivava sulla spiaggia di Lavenza e spesso vi rimaneva, come quel Cordeviola "marinaro" di Lavagna il cui mestiere il parroco annotava sul registro sacramentale (il che non avveniva quasi mai).Spesso i "Genovesi" si naturalizzavano, per poter commerciare liberamente il marmo da sudditi cybei. Questi movimenti di popolazione hanno lasciato tracce anche sul dialetto, sensibilmente diverso dal carrarino, come il modo di formare il plurale del femminile, simile a quello della destra Frigido del massose, o alcuni vocaboli ligureggianti, purtroppo non tutti sopravvissuti all'italianizzazione del dialetto. La somiglianza di impostazione col gragnanino, ha fatto pensare che comunque, in origine, vi fosse stata una forte compenetrazione con la popolosa frazione montana. Chiaramente, non tutti i cognomi, hanno avuto seguito "dinastico" nella stessa epoca, alcuni si sono estinti e sono riapparsi in immigrazioni più recenti, ma in questa sede servono per individuare i flussi migratori che hanno contribuito a popolare Avenza. Si rileva che esistono molti cognomi di cui non è possibile risalire all'origine, semplicemente perchè il parroco non la scrisse. La ricerca parte dal 1622 (anno in cui cominciano i registri della parrocchia di S. Pietro) ed arriva fino alla fine del '700,dopo di che il lavoro è reso più difficile perchè pochissime volte viene indicata la provenienza; notevole diventa la mole delle registrazioni relativa ad una popolazione che era in continuo aumento, anche per il formarsi di una consistente gruppo stanziale anche a Marina. In quest'ultima frazione, infatti, andavano man mano affluendo persone dedite sia al lavoro dei campi nelle tenute Del Medico e Monzoni sia ai mestieri legati al mare: su un primo nucleo di avenzini (che non a caso erano spesso di origine genovese, come Vatteroni, Bogazzi etc) si andavano aggiungendo abitanti della piana di Luni. Così ai vari: Monconi, Arrighi, Paglini, Crudeli, Pianini, Strenta etc si affiancano i liguri prossimi Caleo, Telara, Bruzzi, Bassi, Maggiani: la forma- zione della flottiglia da carico porterà versiliesi e toscani in genere(ma anche come commercianti e lavoratori della terra) come Guidi, Cardinali, Paolini, Dini, Tamberi, Poletti, Giuntoli etc. A volte questi cognomi, si diffondevano anche all'interno, insieme ad altri di provenienza tradizionale dal massese come: Venturini, Pantera, Bonetti e Guerra, dall'ortonovese e bassa Val di Magra come Devoti, Andreani, Nardi eVernazza, i carrarini che calavano a valle erano più numerosi che in passato, ma a questo punto non si può più parlare di popolazione castellana: all'unità d'Italia quasi 3500 abitanti erano sparsi per tutta la piana, l'immigrazione avveniva ormai a 360 gradi e da ogni parte d'Italia. Le singole località tendevano a divenire piccole frazioni (in particolare Marina) e la stessa "Chiopata"di Avenza si articolava ormai in tanti rioni. In effetti a ben vedere, all'interno delle mura si contavano, al cessato cata- sto, circa sessanta mappali, praticamente per altrettante famiglie. Già alla metà del settecento risultava ben formato un borgo fuori le mura verso Massa (forse l'antico Borgo Nuovo) e uno oltre il ponte (ma anche a Marina vi era già un piccolo gruppo sparso); all'interno del borgo murato gli spazi si erano saturati formando perfino delle "volte" abitate, sopra ai vicoli e, inoltre, veniva occupato anche il rivellino demolendone una parte. Le attenzioni degli estensi di Modena, sul ducato, avevano prodotto evidentemente i loro effetti, l'incremento dei traffici dei Marmi, la costruzione (sebbene fallita) di grandi opere tra cui il porto alla marina, dettero una scossa al movimento demografico praticamente fermo da un secolo alle 200-280 unità e naturalmente, la popolazione non poteva essere più contenuta dalle anguste mura medievali. Alla fine del secolo, il fossato veniva lottizzato dalla Ducale Camera per costruirvi case e le mura pian piano abbattute, sebbene la fortezza venisse ancora considerata l'unica difesa della popolazione. Nell'ottocento, il borgo incastellato "Castel d'Avenza" non era più riconoscibile facilmente; ad uso edificatorio si demolirono tratti di mura ed una torre in chiasso del Fosso tra il 1822 eil 1823. La strada, fatta passare in mezzo al paese nel 1859, cancellava la porta a Massa (di cui oggi si vede solo un cardine) e, dalla parte opposta, le strutture esterne del Casino ; la demolizione della fortezza fu quindi l'epilogo di una progressiva trasformazione da castello a paese. L'ironia della sorte volle che le pietre della fortezza servissero (oltre che per le costruzioni civili e lavori pubblici a Marina), per le case dei nuovi rioni verso la stazione ferroviaria e delle segherie, simboli di un progresso che sembrava non guardare in faccia a niente e a nessuno. Un diffuso luogo comune definisce Avenza un paese di contadini, ma in realtà la sua popolazione aveva una composizione molto varia. In effetti nel quattrocento si nota una notevole attività legata ai prodotti della campagna come avveniva diffusamente nell'economia medievale ed anche la struttura delle case del borgo sembra assecondare questa peculiarità ; notevole l'attività dei mulini mossi dalla corrente del fiume. Col tempo però i lavori legati al marmo prenderanno sempre più piede tra gli abitanti del castello. Alla metà del sec.XVII, nonostante gli interventi di bonifica, le famiglie di coloni sparse per la campagna circostante, si contavano sulle dita ("tre fuochi fuori di Lavenza"da una nota del 1630). Dai registri parrocchiali risultano abitanti solo al Battilana a Monticello e Cavatela (dalle date delle icone sacre poste sulle case sparse da S.Antonio fino alla Grotta, si deduce che probabilmente erano qualcuna di più ma il dato cambia di poco). Da notare che le case costruite all'interno delle mura, dopo la rinascita albericiana, non avevano ne cantina ne granaio e il piano terra era usato a volte come bottega; solo quelle costruite sul fossato alla fine del settecento avranno un vano seminterrato (o qualcun'altra nei pressi). In realtà gli avenzini proprietari di terra erano pochi, come si legge in un rapporto di metà ottocento: esistevano molti coloni, certamente, al ser- vizio dei grandi proprietari carraresi, dei pochi maggiorenti del paese ed aumenteranno di numero nel '700 e nell'800 tanto da donare alla chiesa l'altare di S. Isidoro Agricola, ma molto alto era anche il numero dei lavoratori del marmo specie dei trasportatori. All'atto dell' unità d'Italia i lavoratori del marmo in Avenza erano 745: 165 addetti ali lizze, 210 addetti a 30 carri, 60 barrocciai, 60 caricatori al ponte, 70 caricatori di spiaggia, 90 segatori e scalpellini e 90 cavatori. Aggiungiamo artigiani, commercianti, professionisti, marittimi, consideriamo donne, bambini e anziani e ci accorgiamo che la contadinanza vera e pro- pria era costituita, in percentuale, da non molte famiglie. Se è vero che il documento è tardo, è altrettanto vero che gli avenzini comunque erano il trait d'union tra le cave e il mare fin dal XV secolo, come ci testimonia la Klapish Zuber . Certo quasi tutti integravano il reddito col lavoro nel campicello, quasi sempre gravato di livello a favore di famiglie carrarine o del monte che nei secoli si erano spartite la proprietà della pianura, ma l'attività agricola era praticata ne' più ne' meno di quanto avvenisse nelle altre vicinanze.
Ricerca di Pietro Di Pierro
Venerdì 03 Giugno 2011 | 6076 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Cultura/Ricette
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Carote Sedano Cipolle 150grammi totali 1 spicchio d'aglio 1 foglia di salvia 1 foglia di rosmarino gr 150 di carne macinata di manzo gr.20 di funghi spugnati vino rosso 1,5kg di pelati Fare un fondo di carote, sedano, cipolle, aglio, salvia e rosmarino fare rosolare in un tegame con olio extra vergine di oliva. Nel frattempo in una padella nera, o antiaderente, fare rosolare a fuoco vivo la carne macinata di manzo. Quando questa sarà ben dorata versatela nella miropoix di verdure con aggiunta dei funghi spugnati. Far rosolare e bagnare con vino rosso corposo. Lasciare evaporare e aggiungere i pelati passati. Aggiustare di sale e lasciar cuocere per 30 minuti. Ottima per lasagne al forno, canelloni e pasta corta. Dosi per 8 persone Nicochef"
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3194 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Cultura/Dialetto
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Un tranquillo pomeriggio, nel bar di Marco d'Napulion, 'n "Savrudin", alcuni avventori giocavano a carte in mezzo a una nuvola di fumo. Selico, Babuina. Paraquì, Gineto, Gaultiero probabil- mente erano del gruppo, litigavano e si mandavano a quel paese ogni qualvolta le carte glielo permettevano... una giornata noiosa. Marco guarda i suoi clienti mentre giocano, ma il suo pensiero costante è quella bottiglia lassù in alto, quella che dopo tanto tempo è ancora da stappare. E il ricordo corre a quel giorno d'inverno; credendo di essere solo dentro il bar, il grembiule, come sempre arrotolato e infilato da una parte nella cintola, le braccia appoggiate alla macchina del caffè, gli occhi in alto a guardare quella bottiglia ingrata, aveva esclamato ad alta voce: - "S'al fuss per tè a magn'rè". La notizia che Marco parlava con le bottiglie (piene) fece il giro del paese in men che non si dica. Fu risvegliato dai suoi pensieri da una voce "fòresta", e gli sembrò che gli stesse chiedendo una informazione, guardò in faccia colui che tanto aveva osato e gli chiese di ripetere. - Le stavo chiedendo se conosce la signora Ida Braida, è tutto il pomeriggio che sto chiedendo ma nessuno mi sa dire dove abita. Il paese non è poi così grosso come è possibile che nessuno la conosca ? Marco rispose che in effetti anche lui non conosceva questa signora e che ad Avenza era molto usato il soprannome, o sapeva quello o era un problema rintracciarla, e così dicendo si rivolse verso i suoi clienti, che nel frattempo come un tutt'uno si erano zittiti e girati verso quello "straniero". 'L ragionier ripetè¨: - "Braida Ida", Ida... ci pensò su ancora qualche istante: - A n' sirà mica la Ida d'la Bastarda ? Marco pensieroso replicò: - Chi ? so ma' del Sciacal ? E', al po' esser. Lo straniero più che risentito sbottò: - Come vi permettete di offendere la Braida? E' mia parente. A questo punto il Ragionier rivolgendosi a Babuina chiese: - T'a 'ntes ? second tè, che Ida a le'? A l'ha mica un fì(d)giol chi son il piano ? -No/fu la risposta. - Adora.... a le' a là, la Ida d'la Bastarda. Lo sdegno avvampò negli occhi del malcapitato, con la voce stizzita gridò : - Vi denuncio tutti. Dovete smetterla di offendere la gente. 'L Ragionier si alzò in piedi a prendere le difese di quello sconosciuto. - la rascion... è ! Mo' a le'ora d'f n'irla. Braida Ida ha detto, (passando dal dialetto all'italiano) Braida. ripetè ancora. -Ma, so ma' (riprendendo il dialetto e rivolgendosi ai suoi compari), so ma ', chi a le' ? - "La Bastarda". Dissero in coro. Lo videro allontanarsi che lanciava tuoni e fulmini, si guardarono tutti in faccia ed 'I Ragionier parlò per tutti: - Speriamo che doman a n 'arven un 'altr. Racconto tratti dal libro "UN ZIGHININ D'L'AVENZA" scritto da FRANCO MENCONI
Venerdì 03 Giugno 2011 | 3649 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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